La raccolta degli hadith nelle fonti sciite

LA RACCOLTA DEGLI HADITH NELLE FONTI SCIITE

Nonostante nel corso della storia siano esistite varie ramificazioni sciite, le principali rimangono quella zaydita, quella ismailita e quella duodecimana. Le principali fonti di hadith zaydite sono il Musnad di Zayd Ibn Ali, il Sahifa di Ali Ibn Musa al-Rida, lo Amali di Ahmad Ibn Isa, il Jami’ al-Kafi di Muhammad Ibn Ali al-Alawi e lo Ahkam fi al-Halal wa al-Haram di Yahya Ibn Qasim al-Rassi. IL ramo ismailita si divise in nizariti, i quali abbandonarono presto le ingiunzioni legali, e i mustaliti che invece rimasero fedeli agli hadith dell’Imam al-Sadiq (d. 148 H.) riportati nel Da’aim al-Islam. La branca principale è però quella duodecimana che prenderemo in considerazione nelle righe seguenti.

La gran parte degli hadith sciiti risale all’Imam Jafar Ibn Muhammad al-Sadiq al quale sono state attribuite le seguenti parole: “I miei hadith sono gli hadith di mio padre, gli hadith di mio padre sono gli hadith di mio nonno, gli hadith di mio nonno sono gli hadith di Husayn, gli hadith di Husayn sono gli hadith di Hasan, gli hadith di Hasan sono gli hadith di Ali, gli hadith di Ali sono gli hadith del Profeta e gli hadith del Profeta sono la parola di Dio”.[1]

Hurr al-Amili, nell’epilogo dell’opera Wasa’il al-Shia, afferma che le principali raccolte sciite di hadith furono compilate tra il primo e il terzo secolo dell’Egira (ufficialmente il magistero pubblico degli Imam terminò nell’anno 260 H.) ed ammontano a circa 6.600 trattati. Ha dimostrato ciò ripercorrendo tutte le catene di trasmissione e gli indici analitici a cui aveva accesso. Ciò significa che in un lasso di tempo di circa due secoli gli sciiti scrissero migliaia di opere, particolarmente su autorità dell’Imam al-Sadiq.

Nonostante sia difficile rintracciare ogni singola opera, ci sono varie testimonianze degli Imam sciiti a sostegno di una diffusa pratica di riportare gli hadith. Ubayd Ibn Zurara riporta che l’Imam al-Sadiq disse: “Preservate i vostri libri, presto ne avrete bisogno”. Questo a testimonianza del fatto che già nella seconda metà del secondo secolo gli sciiti avevano redatto molte opere.

A causa della tensione politica del tempo queste opere non poterono circolare liberamente tra le masse e gli Imam esortano i loro discepoli a preservarli per le generazioni future. Mufaddal Ibn Umar riporta che l’Imam al-Sadiq gli consigliò di redigere libri di hadith e lasciarli in eredità ai propri figli poiché “giungerà un’era di confusione in cui le genti non potranno far altro che affidarsi ai loro libri”. Un altro hadith riporta che Abu Khalid disse all’Imam Jawad: “I nostri esperti hanno riportato hadith su autorità di Abu Jafar e Abu Abdullah ma la necessità di dissimulazione era tanta e nessun ha poi trasmesso da essi. Adesso li abbiamo nelle nostre mani”. L’Imam rispose dicendo: “Narra da essi, sono autentici”.

Tra i libri più antichi vengono annoverati quelli risalenti ad Ali Ibn Abi Talib come al-Jami’a, il Kitab Ali, il Sahifa al-Fara’id e il Sahifa al-Itq. A volte sono stati utilizzati anche altri termini in riferimento a queste opere come Sahifa e Kutub Ali. In genere il Kitab Ali viene descritto come uan pergamena lunga settanta cubiti.

Zurara (d. 150 H.) riporta di aver visto in prima persona il Sahifa al-Fara’id (un libro sull’eredità) dall’Imam Sadiq. La stessa opera venne mostrata a Muhammad Ibn Muslim (d. 150 H.). In diversi casi quando venivano chieste prove da studiosi non-sciiti come Ghyath Ibn Ibrahim, Sufyan Ibn Unayna, Yahya Ibn Sa’id e Talha Ibn Zayd al-Sakuni, veniva risposto citando il Kitab Ali.

Nelle fonti sunnite il Kitab Ali è stato citato da numerose personalità quali Abu Juhayfa al-Suwa’i (d. 74 H.), come riportato nel Sahih al-Bukhari, nel Sunan al-Nisa’i e nel Sunan al-Darimi, da Ibrahim Ibn Yazid al-Taymi (d. 93 H.), come riportato nel Sahih al-Bukhari e nel Sunan Abu Dawud, da Tariq Ibn Shihab (d. 83 H.), come riportato nel Musnad Ibn Hanbal, dall’ultimo Compagno a lasciare questo mondo, Abu Tufayl (d. dopo il 100 H.), da Hani lo schiavo emancipato di Ali, come riportato nel Mustadrak al-Sahihayn, da Abu Hasan al-A’raj (d. 130 H.), come riportato ancora nel Mustadrak al-Sahihayn, e da Hasan al-Basri (d. 110) come riportato nel Sunan al-Nisa’i e nel Mustadrak al-Sahihyan.

Se si sommano tutte le informazioni raccolte sul Sahifa di Ali come trasmesse dalle sette fonti citate si conclude che Ali avesse ricevuto una conoscenza particolare dal Profeta che altri Compagni non avevano: si fa allusione a questa conoscenza nel contenuto della gran parte di queste narrazioni, messe per iscritto in un sahifa talmente piccolo da poter essere inserito nel fodero della spada di Ali.

Qui si presentano però due problemi: uno inerente alle contraddizioni presenti in questi hadith riguardo al libro e ai suoi contenuti e l’altro riguardo al volume dell’opera che non corrisponderebbe alla versione ben nota lunga settanta cubiti.

Nelle fonti sciite Muhammad al-Saffar (d. 290 H.) nell’opera Basa’ir al-Darajat riporta su autorità dell’Imam al-Sadiq che il libro fosse con Ali, il quale lo affidò ad Umm Salma quando partì per l’Iraq. Dopo la dipartita di Ali il libro era in mano all’Imam Hasan, poi in quelle di Husayn, poi di Ali Ibn Husayn, poi di Muhammad al-Baqir ed infine di al-Sadiq.

Molti discepoli di Ali seguirono il suo esempio di riportare gli hadith profetici, come fecero i membri della famiglia di Abu Rafi’. Abu Rafi’ fu uno schiavo copto di Abbas, zio del Profeta Muhammad. Abbas lo donò a suo nipote ed il Profeta lo emancipò dopo aver ricevuto la notizia della conversione di Abbas. Salma, sua moglie, fu tra coloro che si presero cura di Fatima durante la sua ultima malattia ed aiutarono Ali nei riti funebri dopo la sua dipartita.

Dopo l’era di Ali, fu al fianco dell’Imam Hasan fino a riaccompagnarlo a Medina senza che avesse dimora in cui risedere. Fu così che Hasan gli concesse metà proprietà della casa di Ali.

Abu Rafi’, egiziano di origine, era un uomo assai colto e venne nominato tesoriere da Ali. I suoi due figli, Ali e Ubaydullah, furono scribi ufficiali del quarto califfo a Kufa.

In genere il nome di Abu Rafi’ nei dizionari biografici sciiti compare in relazione alla sua opera Kitab al-Sunan wa al-Ahkam wa al-Qadaya. Al-Najashi la riporta attraverso due diverse catene di trasmissione.

Ali figlio di Abu Rafi’, oltre ad essere stato scriba del quarto califfo, fu tra i più rinomati dotti sciiti della sua epoca in materie legali. Abdullah Ibn Hasan al-Muthanna, capo degli Hashemiti verso la metà del secondo secolo, fece spesso riferimento a questo testo nel rispondere ai quesiti giurisprudenziali. Anche il noto tabi’ Sa’id Ibn Musayyab lo cita.

Ubaydullah, l’altro figlio di Abu Rafi’ viene invece annoverato come il primo autore di un dizionario biografico. Questi compilò un libro di biografie dei Compagni del Profeta che seguirono Ali e combatterono al suo fianco durante le battaglie da lui sostenute. Il biografo Ibn Athir (d. 630 H.) ha fatto molto affidamento su questo testo nel suo magnum opus Usd al-Ghaba e lo indica con l’espressione “I nomi di chi rimase al fianco di Ali” (tasmiyah man shahada ma’a Ali). Il modo in cui si riferisce al libro lascia ben comprendere che lo avesse avuto tra le sue mani.

Zaynab, una figlia di Abu Rafi’ viene citata tra coloro che hanno riportato hadith su autorità del Profeta e sui meriti dell’Ahl al-Bayt.

Gli studiosi sciiti sono giunti ad un consenso riguardo 400 opere note come Usul Arbami’a (i 400 Usul). Usul è il plurale di Asl che significa semplicemente “fonte”. Un asl è una collezione di hadith riportata su autorità di un Imam da parte di un suo discepolo che ne ha trasmesso direttamente le parole o, al massimo, da un suo studente. Considerando il numero elevato di libri in circolazione (circa 6.600) sui detti attribuiti agli Imam, se ne deduce che gli studiosi sciiti possano esser stati alquanto meticolosi nell’averne scelti solo quattrocento. Di questi quattrocento Usul solo sedici sono sopravvissuti fino ai giorni nostri mentre degli altri non ne è rimasta traccia.

.

I KUTUB AL-ARBA

Dopo il periodo degli Usul si assiste a quello di raccolte più voluminose da parte di studiosi quali Muhammad Ibn Yaqub al-Kulayni (d. 329 H.), Muhammad Ibn Ali al-Saduq (d. 381) e Muhammad Ibn Hasan al-Tusi (d. 481 H.) i quali avevano accesso diretto ai famosi Usul attraverso i quali potevano basare l’autenticità narrazioni ricevute e trasmesse.

Particolarmente di rilievo sono quattro opere: al-Kafi di Kulayni, Man la yahduruhu al-Faqih di Shaykh Saduq, Tahdhib al-Ahkam e al-Istibsar di Shaykh Tusi. Eccezion fatta per al-Kafi, si tratta per lo più di opere contenenti narrazioni su questioni legali. Al-Kafi invece si suddivide in tre sezioni: Usul al-Kafi, inerente alla dottrina, Furu’ al-Kafi, inerenti alla prassi, e Rawda al-Kafi, inerenti ad altre questioni generali.

I Quattro Libri (Kutub al-Arba) vengono considerati i più attendibili in ambito sciita duodecimano in quanto i loro autori ne avrebbero attestato la loro autenticità. Comunque sia, rimangono sempre oggetto di scrutinio includendo chiaramente narrazioni deboli e varie fabbricazioni.

La gran parte delle narrazioni in materia di norme vennero in seguito raccolte da Hurr al-Amili (d. 1692) nella sua opera Wasa’il al-Shia mentre Allamah al-Majlisi (d. 1698) compilò il Bihar al-Anwar spaziando su vari argomenti. Sempre nello stesso periodo i Kutub al-Arba vennero commentati ampiamente grazie all’atmosfera favorevole per gli sciiti creatasi in epoca Safavide.    

 


[1] Kulayni, al-Kafi, vol. 1, p. 53.

 

A cura di Islamshia.org © È autorizzata la riproduzione citando la fonte

Writer : shervin | 0 Comments | Category : Novità , Tradizioni

Comments are closed.