Gli gnostici (urafà) sono coloro che cercano, attraverso l’auto-sviluppo e il perfezionamento dell’anima, di purificare la propria interiorità e raffinare ed elevare lo spirito per prepararsi a cogliere le verità attraverso una visione e un’esperienza diretta di esse, non attraverso lo studio teorico e l’argomentazione. Essi sono coloro che, attraverso laboriose pratiche spirituali e fisiche, possono acquisire la conoscenza presenziale e visionaria e vedere, non solo comprendere le realtà e le verità. Riguardo a chi siano i veri gnostici, è un’altra questione. Come dato di fatto, molte persone affermano di aver raggiunto la vera gnosi (‘irfan). I falsi gnostici sono probabilmente la maggioranza, molti di più di quelli veri.
A ogni modo, quando alcune persone, grazie ai loro cuori puri, sono in grado di penetrare le realtà, tale loro facoltà è detta gnosi, conoscenza presenziale, visionaria o intuitiva. Queste persone hanno molto da dire riguardo alle loro visioni e alle loro scoperte. La natura della gnosi è quindi quella scoperta e riconosciuta dal cuore. Riguardo a quello che è stato scritto in proposito, i termini e le espressioni utilizzati dagli gnostici non possono che essere meramente delle forme di quello che hanno scoperto, o simboli di quello che hanno sperimentato, ma questi termini e queste espressioni non possono mai trasmettere quello che hanno ricevuto nei loro cuori, dal momento che ciò deriva e discende dal sovramondo, da una realtà superiore a questo limitato, piccolo mondo emulativo. Quindi, quando vogliono riversare le loro scoperte sotto forma di parole ed espressioni, utilizzano una determinata terminologia.
Dobbiamo ricordare che l’analisi presente non concerne chi sia il vero gnostico, se tutti quelli che usano una terminologia gnostica siano dei veri gnostici o meno, ossia se hanno ripreso alcuni termini gnostici e li hanno ascritti a loro stessi, come purtroppo è abitudine di molti di quelli che parlano e scrivono di gnosi. Questi falsi gnostici di fatto non hanno visto e sperimentato nulla, ma hanno solo letto o udito qualche informazione da altri, l’hanno apprezzata e quindi adottata, utilizzando termini gnostici di rilievo.
Per quanto ci riguarda, i veri gnostici sono i profeti, i puri a’immah e coloro che essi hanno personalmente iniziato e istruito. Se ci sono altri che hanno ottenuto una gnosi reale non è facile per noi saperlo, a meno che coloro che hanno raggiunto una qualche stazione lungo il cammino della gnosi non mostrino certi segni, oppure si riesca a identificarli attraverso l’intuizione spirituale.
Le persone ordinarie non possono riconoscere se coloro che parlano o scrivono come gli gnostici hanno realmente visto o scoperto qualcosa, o se il loro è solo un linguaggio preso in prestito. A ogni modo, i veri gnostici usano, come i teologi e i filosofi, tre termini particolari: il tawhid negli atti, il tawhid negli attributi e il tawhid nell’Essenza.
Il tawhid negli atti: il primo stadio dello gnostico
Quando i filosofi si addentrano nelle discussioni concernenti il tawhid, cominciano dall’unicità dell’Essenza divina. Essi affermano infatti che noi dobbiamo prima comprendere il fatto che non vi sono attributi aggiunti all’Essenza, e poi realizzare che nei Suoi atti Dio non ha alcun bisogno di aiuto o aiutanti. Lo gnostico, invece, spiegando questi soggetti sulla base del percorso iniziatico di perfezionamento dell’uomo, inizia con l’unicità degli atti, analizzando cioè il percorso di perfezionamento della fede e l’avanzamento dell’uomo verso Dio. La prima cosa da lui scoperta è l’unicità degli atti, poi, quando raggiunge uno stadio più perfetto, diviene degno di comprendere l’unicità degli attributi. Lo stadio finale a cui lo gnostico arriva è l’unicità dell’Essenza, sebbene non come spiegato dai filosofi.
Per gli gnostici il tawhid degli atti significa che quando una persona ha purificato e perfezionato la sua anima, vede che ogni atto è un atto di Dio, e gli altri non sono che mezzi e strumenti. La mano che da dietro la cortina delle cause dirige il mondo, crea ogni cosa nel tempo e pone ogni cosa nello spazio, è la mano potente di Dio – una mano che è presente ovunque e in tutti i tempi. Anche il fenomeno più microscopico e insignificante che accade nel mondo è creato da Dio. Quindi, qual è il ruolo delle cause materiali? Esse non sono che degli strumenti, come nell’esempio (seppur molto approssimativo) di una penna nelle mani di uno scrittore. Lo scrittore scrive con la penna, ma il ruolo basilare è svolto dallo scrittore stesso. Lo gnostico afferma che, avendo creduto in Dio e avendo fatto professione di obbedirLo e adorarLo, l’uomo riceve una luce spirituale da Dio tale da renderlo capace di vedere e scoprire i fenomeni del mondo come essi sono realmente, e non solo di comprenderli. Ma l’unicità degli atti è uno dei primi gradi del tawhid che l’uomo può ottenere. Anche noi possiamo, più o meno, ottenerla attraverso gli studi filosofici e per mezzo della conoscenza, ma gli gnostici vedono, sperimentano direttamente e scoprono le realtà e le verità senza aver bisogno di impararle. C’è una famosa storia che illustra chiaramente questo fatto, ma non sappiamo fino a che punto sia vera.
Si narra che ci fu un incontro tra Avicenna (Ibn Sina), un filosofo, e Abu Sa’id Abul-Khayr, uno gnostico. «Come hai trovato Abu Sa’id Abul-Khayr?», chiesero gli allievi di Avicenna al loro maestro. «Egli vede tutto quello che io so», fu la risposta. Gli allievi di Abu Sa’id Abul-Khayr fecero al loro maestro la stessa domanda, ed egli rispose: «Egli sa tutto quello che vedo». Ora, anche se questa storia fosse falsa, illustra comunque abbastanza chiaramente l’importanza della fondamentale differenza tra la filosofia e la gnosi. L’oggetto della filosofia è il sapere, il frutto della gnosi è la visione e la scoperta – ossia, la vera gnosi perfetta. Dunque questo è il primo stadio che l’uomo raggiunge nel suo viaggio spirituale verso gli stadi del tawhid. Avendo dunque intrapreso questo viaggio interiore alla conoscenza di sé, ed essendo giunto nella valle del tawhid, il primo stadio del tawhid che l’uomo ottiene e sperimenta è quello negli atti (unicità degli atti).
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Il tawhid degli attributi: il secondo stadio dello gnostico
Lo gnostico afferma: dopo aver raggiunto il primo stadio e averlo consolidato, continuando il suo cammino l’uomo raggiunge lo stadio dell’unicità degli attributi. Questa visione dell’unicità degli attributi differisce da quella filosofica. Significa che l’uomo, in questo stadio, considera ogni attributo di perfezione come originariamente appartenente a Dio. Ossia, egli percepisce che, eccetto Dio, nessuno realmente possiede conoscenza, e che la conoscenza degli altri è una manifestazione e un riflesso della conoscenza divina, dal momento che la reale conoscenza appartiene a Dio. Allo stesso modo, gli altri poteri presenti nell’universo appartengono originariamente a Dio, ma noi in modo fittizio li ascriviamo agli altri enti (cose o persone). In realtà essi sono manifestazioni del potere di Dio che appare nelle Sue creature, altrimenti essi sono originariamente Suoi. Quindi il tawhid negli attributi significa che lo gnostico vede e percepisce direttamente che tutti gli attributi di perfezione originariamente appartengono a Dio, mentre ciò che di essi si osserva nell’uomo non è che un riflesso, un’ombra, o una manifestazione degli attributi divini.
A ogni modo, non possiamo assaporare la dolce e delicata sensazione del comprendere e abbracciare le loro affermazioni. Per quanto ci sforziamo intellettualmente e razionalmente di comprendere il concetto per cui la nostra conoscenza è quella di Dio, non riusciamo a penetrare in esso. Gli stessi gnostici ammettono che tali cose non possono essere comprese per mezzo dell’argomentazione e del ragionamento. Bisogna possedere un’anima pura per poterci riuscire. Essi dicono: bisogna sperimentarle e non sentirle dire. Certo, coloro che sono dotati di sufficienti poteri mentali, brillanti intelletti filosofici e inclinazioni gnostiche possono presentare e divulgare questi temi e concetti gnostici in raffinati termini filosofici. Ma tali persone non sono molte. In termini filosofici, unicità degli attributi significa che gli attributi divini non sono aggiunti alla Sua Essenza. Ma essi non dicono che ogni attributo di perfezione, ovunque si manifesti, è un attributo di Dio.
Lo gnostico vede e percepisce che gli attributi di Dio non sono aggiunti alla Sua Essenza, e che ogni attributo, ovunque si manifesti, originariamente appartiene a Dio. È come un’ombra di Dio ascritta ad altri. Un poema arabo che fa riferimento a questo concetto gnostico, recita:
Il bicchiere è così trasparente, ma anche il vino è trasparente; nulla cambierebbe se vi fosse il vino senza bicchiere o il bicchiere senza vino.
Lo gnostico sostiene che tali termini sono simbolici, e in base alla terminologia adottata dei poeti gnostici ognuno di essi presenta uno specifico significato. Nel poema si legge che il bicchiere, pieno di vino, era così trasparente e così chiaro che non aggiungeva nulla di sé al vino, tanto che si poteva vedere solo il vino e non il bicchiere. Ma anche il vino era così chiaro e trasparente che si poteva pensare che ci fosse solo un bicchiere rosso senza alcun vino, proprio come se ci fosse, quindi, un bicchiere senza vino o un vino senza bicchiere. Con ciò essi volevano dire che quando gli attributi di Dio si manifestano nella Sua creazione essi appaiono come se fossero attributi della creazione e non di Dio. Ossia, pensiamo che ci sia un bicchiere senza vino. Ma se l’attenzione viene spostata sul fatto che il colore appartiene al vino, si ha l’impressione che vi sia solo il vino senza bicchiere. Lo gnostico raggiunge lo stadio in cui vede e percepisce gli attributi di perfezione nel mondo allo stesso modo. Ovunque vede e percepisce conoscenza, è la conoscenza di Dio che si riversa in un certo contenitore, si manifesta cioè in un modo particolare. La sua realtà originaria è però Dio.
Ovunque egli noti, veda o percepisca un potere, lo riconduce e lo attribuisce a Dio. E lo stesso dicasi per gli altri attributi di perfezione. Egli afferma che percepire queste realtà o giungere a queste scoperte è un’esperienza talmente piacevole che ci si ritrova in uno stato di estasi e rapimento spirituale.
Naturalmente noi accettiamo per vero tutto quello che ci è stato trasmesso attraverso i profeti e gli infallibili a’immah. Ma riguardo a tutti gli altri, non possiamo considerare tutto quello che hanno detto o scritto né come vero né come falso in maniera definitiva, dal momento che non sappiamo nulla di ciò si cela nelle loro menti. È forse possibile però valutare la loro credibilità dai loro atti e dalla loro condotta. Per esempio, se uno che afferma di aver avuto delle visioni intuitive viene visto, nella sua vita quotidiana, ricorrere all’adulazione anche per obiettivi frivoli, o porgere la mano chiedendo l’elemosina, possiamo credere nella sua unicità degli atti e al fatto che egli conosca alcuni segreti divini? Colui che, al fine di ottenere il suo pane quotidiano, porge la sua mano alle corti dei tiranni, li elogia e lusinga questo e quello, possiamo credergli quando dice di aver accettato Dio come organizzatore e ordinatore del mondo?
Noi accettiamo simili affermazioni da qualcuno che dice (come il defunto imam Khomeini): «Per Dio, nella mia vita non ho temuto altri che Dio». Nella sua vita pratica egli ha dimostrato di non temere nessuno eccetto Dio. Nel menzionare il Nome di Dio i suoi occhi si riempivano di lacrime, ma davanti alle più grandi potenze del mondo sembrava come se parlasse con un bambino. Per esempio diceva: «Per questo e quest’altro motivo il re deve andarsene!». Davvero non aveva paura di nessuno. Quando si accingeva a pregare Dio cominciava a tremare, ma nell’affrontare i gravi pericoli che costituivano una minaccia per la sua vita, i suoi beni e la sua esistenza, non si smuoveva di un capello. Era così saldo e sicuro nella fede da stupire il mondo intero. Se una tale persona afferma di aver compreso e realizzato che tutti i poteri del mondo sono di Dio, e che gli altri non sono altro che mezzi e strumenti, noi siamo propensi a credergli.
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Il tawhid dell’Essenza: l’ultimo stadio dello gnostico
Per lo gnostico l’ultimo stadio del tawhid è l’unicità dell’Essenza. Egli sostiene che l’uomo, nel suo cammino verso la perfezione, raggiunge uno stadio in cui vede e percepisce che l’esistenza reale è limitata a Dio. Ivi, nel mondo dell’esistenza, egli vede che l’intera creazione, tutti gli enti creati non sono che manifestazioni e riflessi dell’esistenza di Dio. Di fatto, «riflesso» è un termine inappropriato, ma viene utilizzato per un migliore approccio a questo soggetto. Lo gnostico afferma che quando l’uomo raggiunge il più alto grado di tawhid, egli vede ogni cosa come un riflesso in uno specchio che mostra l’esistenza di Dio. La molteplicità che si scorge nel mondo non è altro che la molteplicità degli specchi. La luce che illumina questi specchi è unica e sempre la stessa, a non appartiene agli specchi, ma è riflessa in essi:
“Dio è la luce dei cieli e della terra. La Sua luce è come quella di una nicchia in cui si trova una lampada…” [XXIV, 35].
Quindi lo gnostico considera il mondo uno specchio in cui vede che ciò che si manifesta è la divina Essenza di Dio. Questo è lo stesso soggetto a cui fa riferimento il poeta persiano Sa’di:
L’uomo giunge laddove non vede niente eccetto Dio. Guarda a quali altezze può elevarsi la posizione dell’uomo.
Questo è il più alto stadio del tawhid a cui l’uomo può elevarsi. Come abbiamo detto, comprendere appieno ciò che gli gnostici, i poeti e le personalità sante hanno detto e presentarle nelle forme del linguaggio comune, non è un compito facile. Di quelli che hanno spiegato le loro credenze e le loro visioni, e manifestato al contempo un certo comportamento e una certa etica, nonché una conformità alle Leggi divine, possiamo avere una buona opinione di loro, e ritenere che non rivendicano delle realizzazioni infondate. Essi devono aver trovato o percepito qualcosa che cercano di riversare nelle loro espressioni e nel loro linguaggio, sebbene per forza di cose piuttosto vaghi. Quelli che hanno scritto nei loro libri che Dio trascende la materia, che Dio non trasmigra e che non coincide con la stessa creazione, e quando essi hanno detto di vedere e percepire nient’altro che Dio, non intendevano dire che qualsivoglia cosa avevano visto era in sé Dio. Di fatto intendevano dire che in questi specchi essi discernono e contemplano la bellezza del loro Amato. Se coloro che hanno speso tutta la vita nell’obbedienza a Dio e nella Sua adorazione rivendicano tali affermazioni e testimonianze, avremo il diritto di avere una buona opinione di essi e dire che tali affermazioni e testimonianze nascondono elevati e profondi significati che non possiamo comprendere appieno. Ma se una persona superficiale, consumatrice di bevande alcoliche e libertina ci parla di gnosi, non potrà certamente godere della nostra stima e considerazione. L’intuizione gnostica non è una gemma che può essere donata al primo furfante che capita.
Acquisire una simile conoscenza richiede decenni di esercizi e sforzi spirituali o, come disse quel grande uomo, «necessita di scavare attraverso una montagna con le proprie ciglia». Percorrere il cammino della gnosi non è quindi un compito facile, essendo paragonato allo scavare una montagna con le proprie ciglia. Coloro che si sono sforzati e impegnati così duramente per il piacere della conoscenza e della servitudine a Dio, possono essere stati da Lui benedetti e devono essere stati quindi guidati allo svelamento e alla scoperta di certe realtà che le nostre menti sono incapaci di comprendere.
Questo è molto probabile, dal momento che è stato narrato in alcune tradizioni che tra i compagni del Profeta e dei puri a’immah ci furono alcuni che non poterono svelare i loro segreti e le cose che erano in grado di comprendere neanche agli amici più prossimi. Alcune di queste tradizioni si trovano della raccolta Usul al-Kafi, come la seguente:
Se Abu Dharr avesse saputo cosa c’era nel cuore di Salman lo avrebbe accusato di miscredenza [oppure: lo avrebbe ucciso] nonostante che il Profeta li avesse proclamati uno fratello dell’altro.
Sappiamo bene che sia Abu Dharr che Salman erano tra i compagni preferiti del Profeta. La loro fede li rese così vicini l’uno all’altro che il Profeta, nel giorno dell’annuncio della fratellanza tra i credenti, evidenziò proprio il loro particolare rapporto di fratellanza.
Salman aveva ottenuto una conoscenza tale che non poteva essere compresa da Abu Dharr, il quale, venendone a conoscenza attraverso le parole, avrebbe potuto accusare Salman di miscredenza o addirittura ucciderlo. Ossia la conoscenza di Salman, apparentemente, era così profonda che, se avesse cercato di trasmetterla e spiegarla ad Abu Dharr, questi non avrebbe potuto comprenderla correttamente e avrebbe pensato che Salman fosse ritornato alla miscredenza. Allo stesso modo, l’imam Alì poteva penetrare delle realtà e accedere a certe verità che non poteva svelare a Salman. Vi sono verità e realtà che non possono essere spiegate. Il tramutarle in forma di parole ed espressioni, infatti, le esporrebbe a una falsa comprensione e interpretazione e a una attribuzione di sensi e significati scorretti e fuorvianti. È un dato di fatto che a causa di ciò alcune eminenti personalità sono state ingiustamente accusate e condannate, mentre erano del tutto innocenti.
Tratto da: Ayatullah Mesbah Yazdi “Conoscere Iddio”
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