Cambiamento sociale e stasi della giurisprudenza islamica: la soluzione dell’Imam Khomeyni (Hujjatulislam M.S. Bahmanpour)

Cambiamento sociale e stasi della giurisprudenza islamica: la soluzione dell’Imam Khomeyni

Hojjatulislam Mohammad Saeed Bahmanpour

Le riforme sociali più recenti hanno creato un grande cambiamento nella struttura sociale delle società musulmane, che si sono alienate completamente dai tradizionali sistemi legali, politici e sociali basati prevalentemente sulla giurisprudenza islamica. Comunque, nonostante tutti questi cambiamenti, la credenza nell’Islam è rimasta, e l’essere musulmani e al contempo ‘moderni’ ha creato non poche difficoltà nella vita delle persone. Questa situazione insopportabile ha spinto i grandi sapienti a formulare soluzioni in accordo alle nuove strutture e istituzioni sociali senza ovviamente dimenticare la fede e i possibili modelli legali che essa richiede.

Il primo tentativo nel mondo sciita venne fatto da un grande sapiente del diciannovesimo secolo: ‘Allamah Sayyid Muhammad Husayn Na’ini (1856-1936). Nella sua famosa opera intitolata “Tanbih al-ummah wa tanzih al-millah” (Risvegliare la comunità e purificare il credo), egli cercò di armonizzare il sistema costituzionale di governo con il sistema politico e legale islamico. La notevole quantità di critiche di cui fu soggetto questa opera è un chiaro segno della difficoltà di tale sforzo.

Nella sua opera Na’ini cerca di rispondere agli argomenti presentati a discapito della liceità di un organo legislativo o del parlamento fintanto che esistono le leggi della shari’ah. Gli autori di queste tesi sostenevano che se le leggi del parlamento si identificavano nel Corano e nella Sunna, non vi era bisogno del suddetto organo, e se erano contrarie riflettevano innovazioni di dubbia natura e quindi erano proibite (haram). Tra le figure promotrici di tale idea vi fu Shaykh Fadhlallah Nuri (1842-1909), un famoso sapiente di Teheran, che riteneva l’idea di un parlamento inaccettabile poiché richiedente un organo legislativo che infrange la Legge rivelata.

Na’ini rispose a tali argomenti attraverso il complesso stile linguistico dei circoli di giurisprudenza del suo tempo, che rende la lettura della sua opera molto difficile. Egli afferma che le funzioni e le responsabilità di un governo, come quella di stabilire le leggi, garantire l’ordine, difendere i cittadini e regolare gli affari della società, vengono suddivise in due categorie. Esse sono incluse nei testi religiosi nelle parti inerenti ai diritti e doveri (e quindi vengono espressi esplicitamente dalla shari’ah) oppure non sono inclusi nei testi religiosi. Dato che questi ultimi non vengono definiti in accordo a regole o criteri specifici, sono stati delegati al governante della società.

Quindi la prima categoria di leggi è “esplicita” (mansus) e non può essere mutata da circostanze spazio-temporali. La seconda categoria di leggi invece è “implicita” (ghayr-mansus) ed è soggetta alle circostanze spazio-temporali. Anche durante il periodo del Profeta (S) e degli Imam infallibili, questioni giudiziarie sorte in parti differenti del territorio islamico non erano incluse nelle “leggi esplicite”. Durante l’occultazione del dodicesimo Imam, la responsabilità di formulare queste regole ricade sui giurisperiti islamici, che sono i suoi rappresentanti, o su coloro che sono stati da questi ultimi autorizzati.

Inoltre Na’ini afferma che la gran parte delle regole sociali fanno parte della seconda categoria, la quale è di competenza del “guardiano degli affari” (wali amr) e dei suoi rappresentanti. Queste regole sono soggette a circostanze spazio-temporali e quindi vi deve essere un “consiglio” (shura), sotto al quale ricade l’elaborazione e la presentazione di queste leggi, i cui membri vengono eletti dal popolo. Dopo che le leggi vengono ratificate dall’Assemblea Consultiva Nazionale (majlis) e approvate da mujtahid qualificati e autorizzati dall’Imam infallibile, divengono obbligatorie. Tale obbligo però non è come quello delle “leggi esplicite”, ma soggetto a possibili modifiche e abrogazioni.

Anche l’‘Allamah Muhammad Husayn Tabataba’i (1892-1982) credeva che le società non possono essere governate da un singolo sistema legale:

“In un periodo in cui le genti viaggiavano a piedi o con cavalli, asini e muli, un mezzo di trasporto con le ruote era inconcepibile, ma in epoca moderna sono sorte nuove tecnologie per i trasporti aerei, marittimi e terrestri. L’uomo antico conduceva un vita semplice, ma oggi il lavoro è diventato più tecnico e, di conseguenza, è stato suddiviso in varie branche. I lavori e i sistemi di lavoro sono stati suddivisi e caratterizzati da migliaia di regolamenti creati appositamente.”

Al contempo Tabataba’i riteneva che l’Islam sia una religione che si indirizza alle necessità dell’uomo in ogni tempo:

L’Islam include metodi e regole che garantiscono la prosperità della comunità dell’uomo nel miglior modo possibile e garantisce il soddisfacimento dei vari bisogni della vita moderna.”

Allamah Tabataba’i divide le leggi in mutabili e immutabili: quelle che cambiano per le condizioni spazio-temporali e dei cambiamenti della società e quelle che riguardano l’essenza dell’umanità, comune a tutti gli uomini di ogni luogo e tempo. Per dirla in breve, Allamah Tabataba’i possiede la stessa opinione di Allamah Na’ini.

Il problema di questa opinione è relativo al fatto che le “leggi esplicite” della shari’ah sono fisse, quando invece buona parte di esse è inerente a condizioni e circostanze particolari. Basta chiedersi se un cammello o una mucca donati come prezzo di sangue facciano parte o meno dell’essenza dell’umanità. E’ possibile considerare la muzari’ah (noleggio del servizio di un agricoltore), la musaqat (permesso per un agricoltore di usufruire dei frutti coltivati) o la mudharabah (vendita del prodotto di terzi per dividerne il ricavato) relativi all’essenza dell’umanità? Tale domanda è alquanto ovvia.

A ogni modo, Allamah Tabataba’i, come Allamah Na’ini, ritenne che sono le leggi mutabili a cadere sotto la giurisdizione della wilayah al-‘ammah:

Questo principio si indirizza alle necessità transitorie delle genti in ogni era, tempo o luogo, e il loro cambiamento non è in conflitto con le leggi primordiali dell’Islam.”

Quindi secondo l’Allamah Tabataba’i l’autorità del wali è paragonabile all’autorità del capo di famiglia che quotidianamente deve prendere delle decisioni in base alle condizioni spazio-temporali senza badare ai drastici cambiamenti strutturali e legali della società. Egli ignora il legame profondo che vi è tra le leggi legali e la struttura sociale. La sua idea è abbastanza simile a quella di Rashid Ridha, il quale riteneva che la comunità possiede l’autorità di creare leggi fintanto che non contraddicono la shari’ah esplicita.

L’opinione di Allamah Tabataba’i venne presentata dal suo studente Murtadha Mutahhari (1920-1979). Egli scrive:

Il problema inerente all’Islam e alle esigenze temporali è il problema della coesistenza e della coordinazione tra due soggetti contrari in natura. Uno è fisso e immutabile, mentre l’altro è soggetto a cambiamenti. L’Islam non è abrogabile, ed è immutabile e permanente, e le esigenze temporali, ivi incluse le condizioni di vita dell’uomo, non sono immutabili. In tal caso, come possono due cose, una immutabile e l’altra mutabile, coesistere l’una con l’altra?”

Dopo aver sollevato la questione, l’Ayatullah Mutahhari risponde dicendo che le regole dell’Islam non sono tutte immutabili, né le esigenze e condizioni temporali sono tutte mutabili. Nell’Islam vi sono piuttosto sia fattori transitori che immutabili.

La differenza tra l’opinione del martire Mutahhari e quella del suo maestro è che quest’ultimo non è a favore della possibilità di cambiamento delle “leggi esplicite”, mentre Ayatullah Mutahhari rompe questa barriera, aprendo così nuove porte nel pensiero islamico. Secondo l’Ayatullah Mutahhari l’Islam possiede un meccanismo all’interno del suo sistema legale che produce dei cambiamenti senza aver bisogno di qualcuno che lo faccia dall’esterno. Ovviamente è soltanto ai sapienti che spetta la competenza di scoprire tali cambiamenti.

Il meccanismo del cambiamento, secondo l’Ayatullah Mutahhari, possiede certe componenti:

1) L’emissione di regole nell’Islam appartiene alla categoria delle proposizioni effettive (qadhaya haqiqiyyah) e non a quelle delle proposizioni attuali (qadhaya kharijiyyah). Questo significa che le regole possiedono una natura generale e non si riferiscono esclusivamente a occasioni particolari.

2) Il modo in cui vengono presentate le regole apre le porte a possibili contraddizioni tra determinate regole, e ciò significa che una cosa può essere a volte considerata obbligatoria mentre altre volte proibita. Prendiamo ad esempio il caso di una persona non-mahram che salva una donna che sta per annegare in un lago. In tal caso è obbligatorio salvare la donna in accordo alla proposizione effettiva che afferma: “Salvare la vita di un essere umano è obbligatorio”. Comunque è proibita in accordo a un’altra proposizione effettiva che afferma: “Toccare il corpo di una donna non-mahram è proibito”.

3) In caso di contraddizione tra regole si dovrà seguire quella che è più importante e ignorare l’altra. Ciò è in accordo al principio seguente: “Se vi sono due casi che si sovrappongono, tralascia quello meno importante ed esegui quello più importante” (idha ijtama’at hurmatan turihat al-sughra lil-kubra).

Alla luce della formula precedentemente citata, il martire Mutahhari conclude che i doveri delle genti possono differire nel corso del tempo. E’ quindi possibile che un certo soggetto, che è proibito in un determinato momento, venga reso lecito, o addirittura obbligatorio, in un altro, a causa delle condizioni che cambiano. Ciò significa che certe leggi possono cambiare anche a motivo di determinate condizioni sociali:

Questo è il punto che richiede ai mujtahid di essere al corrente delle condizioni spazio-temporali al fine di distinguere tra ciò che è più importante da ciò che lo è meno. Si tratta di un modo di armonizzare l’Islam con le esigenze del tempo. L’evoluzione della Legge Islamica, fintanto che non significa abrogazione, è cosa lecita.

Ma quale è la ragione che si cela dietro alle leggi, e perché esiste un tale meccanismo? Secondo il punto di vista dell’Ayatullah Mutahhari le normeislamiche sono tali fintanto che sono conformi con gli interessi e le esigenze dell’essere umano. Iddio stesso stabilisce una legge essendo cosciente della ragione per cui lo fa. Dato che le regole vengono stabilite sulle basi dell’interesse umano e dato che tutte le regole non sono state stabilite esplicitamente dal Corano e la Sunna, il sistema di legislazione islamico ha lasciato spazio per l’utilizzo dell’intelletto:

Il detto ‘kullo ma hakama bihi al-‘aql hakama bihi al-shar’a’ significa che ogni volta che viene scoperta un’esigenza necessaria, si sa che la Legge divina concorda con essa anche se non vi è nessun riferimento esplicito nel Corano, nelle tradizioni o nelle parole dei sapienti.

L’unico a essere qualificato a modificare certe regole non è altro che il mujtahid di competenza, senza le restrizioni poste da Allamah Tabataba’i, bensì con più autorità.

Tutte queste teorie vennero presentate prima del trionfo della Rivoluzione Islamica in Iran nel 1979, quando le istituzioni della società moderna si rifiutavano di accettare leggi e regole che erano ritenuta essere islamiche. In un tale clima l’Imam Khomeyni (1902-1989) presentò la sua teoria della wilayah al-faqih al-mutlaqah, o “autorità assoluta del giurisperito”.

Con l’espressione “autorità assoluta” non si intende una forma dispotica di governo, bensì l’allargamento del raggio di quell’autorità che Tabataba’i e Na’ini ritenevano esclusiva per le “leggi implicite”. Il defunto Imam Khomeyni stesso era solito dire che il concetto di wilayah al-faqih non era ancora stato del tutto compreso.

Infatti la wilayah al-faqih, in accordo all’opinione dell’Imam Khomeyni, è la soluzione per stabilire leggi compatibili con il cambiamento della struttura sociale. Uno sguardo alle dichiarazioni dell’Imam Khomeyni rendono del tutto chiaro cosa si intenda per “autorità assoluta”. Per esempio, in un messaggio inviato ai sapienti il 22 febbraio 1988, egli afferma:

Tempo e spazio sono due fattori chiave per l’ijtihad. Lo stesso soggetto per il quale è stato emesso un certo verdetto nel passato in un sistema politico, sociale ed economico differente, può sottostare a una regola totalmente nuova. Ciò significa che uno studio accurato delle relazioni economiche, sociali e politiche potrebbe condurre il medesimo soggetto, non differente in apparenza dalla sua forma precedente, a divenire un argomento nuovo che necessita di una regola nuova.”

Il 24 settembre 1988, l’Imam Khomeyni scrisse una lettera di risposta a un sapiente che non concordava con il verdetto dell’Imam sulla liceità degli scacchi:

Riguardo alla domanda posta da Sua Eminenza, si pensi alle arti da guerra in uso nel passato che si limitavano al tiro con l’arco, alla cavalleria eccetera, così come al caso dell’anfal [le risorse naturali], che è stato per secoli un salario per gli Sciiti. Potrebbero oggi gli Sciiti deliberatamente rovinare le foreste con i macchinari a disposizione e distruggere ciò che protegge l’ambiente e mettere a rischio la vita di milioni di persone senza che nessuno abbia il diritto di prevenirli? In base alle tradizioni del Profeta e della sua famiglia citate da Sua Eccellenza, la civiltà moderna dovrebbe essere completamente rifiutata e le genti dovrebbero vivere nelle foreste per sempre.”

Ciò dimostra che l’Imam Khomeyni fosse pienamente in sintonia con gli aspetti sociologici della legge. L’unica eccezione riposta dall’Imam è inerente alla grande enfasi che egli ripone sul governo, il quale deve essere guidato da un giurisperito di competenza. Ovunque egli menzioni l’espressione wilayah al-faqih, egli intende la wilayah di un sistema governativo guidato da un giurisperito, e mai la wilayah di una singola persona. Le decisioni prese dall’Assemblea Consultiva Islamica, dal governo, dal Consiglio di Convenienza o dal Consiglio dei Guardiani saranno considerate pienamente legittime attraverso la fiducia che questi organi ripongono nella wilayah assoluta, anche se in certi casi può sembrare che ne conseguano leggi in contraddizione con alcune regole apparentemente evidenti. Quindi è il governo, e non una persona, a determinare le regole Islamiche:

E’ il governo che determina la filosofia pratica che affronta la blasfemia, l’idolatria e i problemi interni ed esterni. I dibattiti teologici innalzati da alcune scuole all’interno di teorie presupposte non solo non sono pratici, ma potrebbero condurre a una chiara violazione della costituzione.”

Di fronte al governo, il quale è una chiara manifestazione della wilayah assoluta, nessuna “legge esplicita” può opporre resistenza. Una tale prospettiva crea senza dubbio vari problemi nelle menti di molte persone pie. Quando l’Imam Khomeyni annunciò il raggio di azione della wilayah assoluta al Consiglio dei Guardiani, l’allora presidente iraniano Ayatullah Sayyid ‘Ali Khamenei disse alla preghiera congregazionale del venerdì che l’Imam intendeva riferirsi all’autorità del governo all’interno del disegno della shari’ah esplicita. L’Imam Khomeyni gli scrisse immediatamente una lettera:

“Sbagli se credi che il governo, che in accordo al principio della wilayah assoluta è stato affidato da Iddio Onnipotente al Profeta Muhammad (S), non abbia la precedenza su tutte le regole di giurisprudenza. Se il potere del governo fosse limitato dal disegno delle regole di giurisprudenza, si dovrebbe dire anche che il governo divino e la wilayah assoluta affidata da Iddio al Profeta Muhammad (S) siano una conoscenza priva di utilità.”

E’ evidente che l’Imam Khomeyni avesse ben chiara in mente la necessità di un cambiamento delle leggi e delle regole sociali, e che abbia cercato la soluzione nella teoria della wilayah assoluta. Il riferimento dell’Imam a questioni che richiedevano un nuovo parametro sociale quali il servizio militare o le tasse rivela la natura dinamica con cui si misurò con tali sviluppi. La ragione dell’enfasi riposta sulla supervisione degli affari del governo di un giurisperito fu il rifiuto di ignorare i valori dell’Islam. Egli riteneva che un governo islamico debba necessariamente mantenersi all’interno del disegno regolamentale della giurisprudenza, e quindi avrebbe dovuto attenersi a quei principi che assicurano lo spirito di una società islamica. Ciò sarebbe impossibile se colui che guida un tale sistema non si impegni nel rispetto di questi principi.

Il punto degno di nota è che, secondo il defunto Imam, le leggi di tale governo non sono affatto secondarie, cioè ignorano i principi a causa di circostanze e necessità provvisorie, ma piuttosto si tratta di regole basate sui principi stessi.

In definitiva la teoria della wilayah assoluta del giurisperito non pone nessun limite al cambiamento del sistema legale islamico fintanto che è basato sui principi islamici generali. Al fine di mantenere questa condizione è necessaria la supervisione di una persona che possieda sia la conoscenza religiosa che l’impegno devozionale, altrimenti l’intero sistema sfocerebbe in un’ennesima forma di secolarismo.

Traduzione a cura di Islamshia.org © E’ autorizzata la riproduzione citando la fonte

Writer : shervin | Comments Off on Cambiamento sociale e stasi della giurisprudenza islamica: la soluzione dell’Imam Khomeyni (Hujjatulislam M.S. Bahmanpour) Comments | Category : Giurisprudenza

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