Annotazioni sul ‘Rijal’ Imamita

Annotazioni sul Rijal Imamita

Introduzione

Queste annotazioni sono state raccolte con l’intento di fornire un’elementare base di studio inerente al rijal imamita. Lo scopo è quello di fornire un glossario terminologico di alcuni termini-chiave ed esporre, in modo sommario, come i sapienti imamiti si siano relazionati ad alcune argomentazioni introduttive relative a questa scienza. Nel far ciò abbiamo però colto l’occasione per toccare, seppur in modo sintetico, alcuni punti critici che, a nostro avviso, sono d’impedimento nel fornire un sistema olistico di valutazione delle fonti. Rimandiamo a discussioni più specifiche e approfondite in separata sede, a Dio piacendo. E a Lui ci affidiamo.

 

Jabiriyyah al-‘amal al-mashur di Sayyid al-Burujardi

L’‘ilm al-rijal (la scienza dei narratori) si occupa dello studio dei narratori e di definire quali tra loro siano affidabili e quali no, onde confermare la validità di un hadith. Secondo alcuni sapienti non ci sarebbe una grande necessità dell’‘ilm al-rijal in quanto la convalida dei primi sapienti sarebbe prova sufficiente per determinare la validità o invalidità degli hadith, o perlomeno quelle del loro contenuto.

Sayyid Muhammad Husayn al-Burujardi sosteneva la cosiddetta jabiriyyah ‘amal al-mashur la quale, pur non negando l’‘ilm al-rijal, ne sminuiva l’importanza in molti aspetti. Egli riteneva che se i primi giuristi avessero emesso fatawa in base ad un determinato hadith, questi sarebbero stati di fatto pronunciati dall’Imam, che è hujjah, anche se l’isnad venisse a contravvenire le regole per l’autenticazione poste dall’‘ilm al-rijal. In modo analogo, se i primi giuristi si fossero enunciati contrariamente ad un dato hadith, questi non sarebbe stato pronunciato dall’Imam anche se dovesse concordare con le regole per l’autenticazione dell’’ilm al-rijal. Questo perché i primi ‘ulama erano vicini al periodo degli Imam ed le loro fatawa si basavano su quel che gli era stato trasmesso generazione dopo generazione direttamente dall’Imam. Al contrario, l’’ilm al-rijal è un lavoro di ijtihad, e quindi di deduzione, che può errare molto più facilmente della trasmissione diretta.

Secondo Sayyid Abulqasim al-Khu’i però, l’’ilm al-rijal sarebbe invece una scienza necessaria ed anzi fondamentale nella deduzione dei significati degli hadith e delle regole islamiche. La gran parte degli hadith infatti non viene comprovata dalle fatawa dei primi giuristi e dunque diventerebbe imperativo un altro criterio di verifica che, a suo dire, sarebbe l’’ilm al-rijal. Inoltre la fatwa emessa dai primi giuristi non necessariamente viene presa direttamente dall’Imam o da un suo genuino hadith, ma potrebbe anche essere stata presa da altre fatawa precedenti. Per esempio è noto che Shaykh al-Saduq confermasse tutto quello che Muhammad Ibn Hasan Ibn Walid, uno dei suoi maestri più rinomati, accettava e confermava.

Noi diciamo:

Il criterio di Sayyid al-Khu’i è uno sforzo maggiore di deduzione e in quanto tale si presta più facilmente ad errori. Inoltre non sarebbe per noi possibile validare un dato hadith solo perché al-Najashi o al-Tusi hanno aggettificato come “affidabile” i narratori presenti nel suo isnad. Come stabilire poi la validità della catena di trasmissione attraverso la quale al-Najashi e al-Tusi stessi hanno ricevuto l’informazione dell’affidabilità di questi narratori? Inevitabilmente si cade in un circolo vizioso.

In linea di principio il criterio di Sayyid al-Burujardi è più sicuro in quanto la celebrità (shuhrah) di una fatwa che viene riportata da una varietà di primi giuristi pesa certamente di più nella nostra bilancia delle singole opinioni di due o tre rijalisti. Il problema della metodologia sostenuta da Sayyid al-Burujardi risiede nelle fonti utilizzate, che a nostro avviso sono troppo limitate per poter giungere a una vera e propria fatwa. Ciò in aggiunta alla totale pertinenza dell’accusa in cui si dice che i primi giuristi potrebbero benissimo aver riportato la fatwa di un altro giurista piuttosto che il “verbo della hujjah” dato che della loro metodologia di verifica non ne abbiamo traccia se non sprazzi. Meno pertinente, invece, è quando si afferma che solo una minima parte degli hadith sia comprovata dalle fatawa dei primi giuristi. L’intero Man la Yahduruhu al-Faqih di Shaykh al-Saduq, per esempio, è per lui hujjah secondo quanto scrive nella sua introduzione, e un discorso analogo si potrebbe fare per tutti gli al-Kutub al-Arba’ah.

 

L’anti-rijalismo della scuola akhbarita

Nonostante vi siano differenze in seno alla stessa scuola akhbarita, un punto condiviso da tutti i sapienti di questa corrente è l’autenticità di tutti gli hadith contenuti negli al-Kutub al-Arba’ah. Ne consegue non solo che l’’ilm al-rijal sarebbe inutile ma un vero e proprio nemico dell’Ahl al-Bayt in quanto attraverso di esso si scarterebbero molti hadith includenti le parole degli Imam il che equivale a negare la loro parola.

Hurr al-‘Amili alla fine della sua opera Wasa’il al-Shi’ah riporta vari capitoli includenti argomenti corollari alla sua celebre raccolta. In essi, egli elenca le ragioni per cui, secondo lui, non ci sarebbe bisogno di ‘ilm al-rijal. Le citiamo qui di seguito:

1) Gli autori degli al-Kutub al-Arba’ah hanno raccolto i loro hadith basandosi sui 400 Usul che sono autentici e autorevoli.

2) I tre Muhammad, gli autori degli al-Kutub al-Arba’ah, hanno dichiarato che queste loro opere particolari includano hadith autentici. Essi sono credenti, giusti, pii e sapienti affidabili, e dunque la loro affermazione sarebbe hujjah.

3) Gli Imam dell’Ahl al-Bayt furono sempre compassionevoli nei confronti dei suoi sciiti, e sempre li esortarono a mettere per iscritto i loro hadith affinché non ricevessero alcun hadith non autentico.

4) Gli Imam dell’Ahl al-Bayt dissero ai loro studenti che giungerà un tempo in cui essi potranno far affidamento solo ai loro manoscritti, dunque li comandarono di riportare tutto quanto ricevevano da loro.

5) I 400 Usul su cui i tre Muhammad si sono basati per la stesura dei al-Kutub al-Arba’ah avrebbero presentato i loro Usul agli Imam e questi ne avrebbero confermato l’autenticità.

Noi diciamo:

1) Non possiamo dare per scontato il fatto che tutti i 400 Usul siano autentici e autorevoli. Gli autori di questi Usul non erano impeccabili e quindi non esenti da errori. Inoltre, ammesso e concesso che abbiano riportato gli hadith senza errori, non vi è alcuna garanzia nei confronti di coloro, che dopo di loro, li hanno riportati e ricopiati generazione dopo generazione fino ai tre Muhammad.

2) Il fatto che i tre Muhammad abbiano confermato l’autenticità degli al-Kutub al-Arba’ah, o anche emesso fatawa in base a quanto hanno riportato in altre loro opere, non è indice della correttezza di tutto quel che hanno trasmesso. Essi han fatto affidamento su una metodologia che in molti aspetti ci è ignota, come fare dunque ad autenticare gli hadith che ci hanno trasmesso? Questo, oltre al fatto che le loro metodologie, i loro giudizi e le loro conclusioni non necessariamente debbano essere anche le nostre.

3) Sicuramente l’auspicio di un maestro nei confronti dei propri studenti è che essi apprendano, imparino e insegnino. Questo non significa che tutto vada o debba andare secondo i propri calcoli. Pensar ciò in certi casi è addirittura sintomo di ingenua fede, per quanto genuina possa essere.

4) Gli Imam erano coscienti del fatto che giungerà un tempo in cui essi non sarebbero stati più in mezzo ai loro studenti e dunque ben sapevano che questi avrebbero potuto far affidamento soltanto sui loro scritti. La nostra critica a tal riguardo è simile a quella del punto precedente.

5) Non abbiamo alcuna prova che tutti gli autori dei 400 Usul abbiano presentato le loro raccolte agli Imam. Ciò avvenne nel caso di alcuni studenti come Yunus Ibn ‘Abdul-Rahman, Fadl Ibn Shadhan o ‘Ubaydullah al-Halabi, e probabilmente pochi altri ma si tratta di un numero estremamente esiguo.

Concludiamo riportando le seguenti parole di Shaykh al-Saduq che scrive quanto segue nell’opera Kamal al-Din wa Tamam al-Ni’mah:

“La divergenza tra gli imamiti è partita dai mendaci che, come in ogni periodo, penetrarono tra i loro ranghi fino a che la disgrazia si aggravò. Gli anziani tra gli sciiti erano uomini pii che si sforzarono e riportarono quanto ricevuto alle persone giuste.  Non avevano opinioni personali ma non potevano differenziare il vero dal falso. Ecco perché accettarono tradizioni affidandosi a coloro che nascondevano la propria identità. Quando il fenomeno aumentò e la realtà fu palese alle genti, si lamentarono dagli Imam, e dunque gli Imam gli ordinarono di accettare solo le tradizioni accettate da tutti. Ma non lo fecero e continuarono nella loro attitudine precedente. Dunque il tradimento avvenne da parte loro e non dagli Imam. Inoltre gli Imam non erano al corrente delle tradizioni vere e false che si mischiarono in quanto non possedevano la conoscenza dell’occulto. L’Imam è un pio servo di Allah che ha conoscenza del Libro e della Sunna e conosce le tradizioni degli sciiti solo quando gli si presentano innanzi”.

 

Prime fonti del rijal imamita

Le prime fonti del rijal imamita maggiormente utilizzabili ed accessibili al giorno d’oggi sono le opere di al-Najashi e al-Tusi. Con quale criterio è però possibile fare affidamento su alcuni ‘ulama per determinare l’affidabilità di altri ‘ulama? Di seguito ne elenchiamo sei:

1) Noi ben sappiamo che questi ‘ulama sono affidabili e, dunque, quando essi ci informano sull’affidabilità o inaffidabilità di una persona ne dobbiamo tener conto. Infatti è come se questi ci stiano narrando un hadith. Inoltre una narrazione del genere si basa su quanto gli sia stato trasmesso rispetto a ciò che è stato visto e sentito, non su deduzione e ijtihad.

2) Secondo alcuni ‘ulama, l’opinione espressa dai primi rijalisti sul conto dei narratori di hadith non equivale soltanto ad una narrazione ma ad una vera e propria testimonianza. Infatti è come se questi stiano testimoniando innanzi a una corte.

3) Il sacro Corano dichiara: “Non seguono altro che congetture, e le congetture non fanno nulla contro la verità” (53:28). L’accettazione di un hadith senza verifica sullo stato dei narratori che lo hanno trasmesso è congettura, e la congettura viene proibita dal Corano.

4) L’opinione di uno dei primi rijalisti equivale ad una fatwa e dunque va seguita.

5) L’opinione di uno dei primi rijalisti, anche se non fornisce assoluta certezza, fornisce almeno itminan nei riguardi dell’affidabilità di un narratore. L’itminan è uno stato inferiore alla certezza ma molto vicino ad essa e che è causa di un senso interiore di relativa tranquillità.

6) Uno dei primi rijalisti è uno specialista nel suo campo e quindi va seguito. In modo analogo, un dottore viene seguito dai malati in quanto è uno specialista nel suo campo.

Noi diciamo:

1) Non è possibile basarci ciecamente sull’opinione fallibile di alcuni sapienti. Vi è un notevole lasso di tempo tra i primi rijalisti e il periodo degli Imam, non si può dunque ricavare alcuna certezza dai loro giudizi nei riguardi dei narratori. Ciò, anzi, conferma il loro ijtihad onde giungere alle conclusioni fornite.

2) Non si può parlare di testimonianza in quanto il testimone è soggetto a certe condizioni tra cui quella di essere noto per la sua giustizia e vivo. Altrimenti la testimonianza non supera il livello di “esortazione”, “consiglio” o, tutt’al più, di un testamento.

3) Il versetto citato può benissimo essere considerato come prova contro i rijalisti in quanto l’’ilm al-rijal si basa su un lavoro di deduzione e ijtihad e quindi non può condurre a certezza. Ne consegue che si tratti di congettura.

4) Una fatwa viene emessa da un’autorità religiosa per le genti o le masse musulmane. Nel momento in cui un mujtahid segue una fatwa che non è sua, perde la qualità di mujtahid. In ogni caso una fatwa non dovrebbe essere intesa per esser seguita dai posteri, in ispecie nell’ambito sapienziale.

5) Si potrebbe parlare di itminan nel caso in cui i rijalisti avessero informazioni dirette sugli Imam nell’arco di una, o al massimo due generazioni. Ma non è questo il caso.

6) Non abbiamo modo di stabilire il grado di specializzazione di un rijalista, la sua metodologia e l’autenticità delle fonti che aveva a disposizione. Ne con segue che l’unico modo per farvi affidamento è la cieca imitazione.

 

Shaykh Asif al-Muhsini sull’affidabilità dei narratori

L’opinione di Shaykh Asif al-Muhsini sull’affidabilità dei narratori cerca di basarsi più sul “dato di fatto” che sullo “studio delle fonti”.

Molti ‘ulama ottengono itminan nel comparare un hadith con il Corano, ai criteri della razionalità, ai fatti storici confermati e ad altri hadith. Tra essi c’è chi si ritiene soddisfatto anche della conferma di un hadith per mezzo della verifica sui narratori effettuata dai primi rijalisti.

Shaykh Asif al-Muhsini, nell’opera Buhuth fi ‘ilm al-Rijal, chiede come si possa ottenere itminan basandosi sull’opinione di un singolo rijalista, o al massimo due, e non riesce a farsene una ragione. A nostro giudizio, lo Shaykh ha ragione, poiché ciò può avvenire solo se si gonfia lo status del rijalista o si “sacralizzano” i suoi libri. Non si vuole qui mettere in dubbio la sua serietà e il suo impegno, ma tali fattori sono insufficienti per farci ottenere itminan, né tantomeno certezza, sull’affidabilità dei narratori.

Secondo Shaykh Asif al-Muhsini l’affidabilità dei narratori deve sottostare ad un criterio sensibile (hissi) o, in altre parole, deve esser chiaro in modo evidente ed ovvio, attraverso i sensi, che un hadith sia effettivamente stato pronunciato dal Profeta o dagli Imam. Non si deve aver bisogno di ragionarci sopra con criterio razionale (hadsi). L’analisi porta l’’alim ha cercare, ricercare, raccogliere informazioni e raggiungere una conclusione, ma capire l’affidabilità o meno dei narratori non richiede tutto questo, dice al-Muhsini, poiché si “sente”, si tratta di una conclusione naturale che giunge dopo un accurata osservanza delle fonti.

Sayyid Muhammad Baqir al-Sadr afferma che lo stato di un narratore era chiaro per i primi rijalisti e Sayyid ‘Ali al-Sistani dice che questi si basassero su più trasmissioni e non solo su quelle singole che hanno riportato nei loro libri. In entrambi i casi si tratta di ipotesi, niente di più, ma di fatto non possiamo accettare ciecamente né le opinioni non compravate dei primi rijalisti, né simili tentativi atti a giustificarle.

L’opinione di Shaykh al-Muhsini è più realistica e più incline ad evitare falsi costrutti derivati da elaborazioni errate, è sovrarazionale e ben si armonizza con la fitrah che Allah ha connaturato all’uomo.

 

I tardi rijalisti imamiti

Una legittima domanda sorgere è se si possa far affidamento sull’opinione dei tardi rijalisti imamiti (al-muta’akhirun) oppure no. In altre parole, aggiungendo le loro opinioni e constatazioni a quelle dei primi rijalisti, è possibile che si dia più peso ai giudizi di quest’ultimi nel caso corroborassero con quelli degli ‘ulama più tardi? E se i primi rijalisti non si sono espressi sul conto di una data personalità, è possibile far riferimento ai tardi rijalisti?

Le figure principali tra i tardi rijalisti imamiti sono Sayyid Ibn Tawus, ‘Allamah al-Hilli e Ibn Dawud al-Hilli.

Alcuni ‘ulama hanno dichiarato che sia possibile far ricorso alle opinioni dei tardi rijalisti in quanto si tratta di specialisti nel campo proprio come i primi rijalisti, e in caso di conflitto tra i due gruppi si dovrà optare per l’opinione dei primi rijalisti. In maniera analoga in caso di conflitto tra i primi rijalisti si dovrà optare per il più esperto nel campo del rijal, ossia al-Najashi, e in caso di conflitto tra i due libri di al-Tusi si dovrà optare per il suo Rijal che è l’opera che ha scritto più tardi (dove si suppone abbia rettificato le sue precedenti opinioni).

Sayyid Abulqasim al-Khu’i nega che si possa far affidamento sui tardi rijalisti per due ragioni principali:

1) Quando i primi rijalisti presentano un giudizio, non si basano sulle loro deduzioni e sul loro ijtihad ma su un fatto compiuto in quanto sono vissuti in un periodo vicino a quello degli Imam dell’Ahl al-Bayt. I tardi rijalisti invece si basano sul loro ijtihad e dunque è nostro diritto, nonché dovere, basarci sul nostro ijtihad.

2) I tardi rijalisti, ‘Allamah al-Hilli in primis, si basano su dei criteri che non possono essere accettati da noi. Per esempio ‘Allamah si basava sul criterio della Asalah al-‘Adalah che implica considerare come “giusto” un narratore imamita su cui nessuno si sia pronunciato positivamente o negativamente.

Ci sono poi altri problemi che sono stati sollevati nei riguardi dei tardi rijalisti, in ispecie su ‘Allamah al-Hilli. Per esempio questi, nella sua opera di rijal intitolata Khulasah al-Aqwal fa molto affidamento su Ibn Ghada’iri. Nonostante che questi, compagno di studi di al-Najashi e al-Tusi, sia una personalità rispettata in ambito imamita, la sua opera di rijal dal titolo Kitab al-Du’afa’, e le sue posizioni in generale, sono state oggetto di varie controversie.

Shaykh al-Tusi nell’introduzione del suo Fihrist dice che egli scrisse un paio di opere di rijal e che morì in età giovane; i suoi eredi, presumibilmente i suoi figli, distrussero le sue opere. Apparentemente egli era molto severo nel giudicare molti narratori che categorizzava come “deboli” (du’afa’) e estremisti (ghulah) mentre gli altri ‘ulama li classificavano come “affidabili”. Ciò avrebbe sminuito il valore dei suoi studi sia tra i suoi contemporanei che tra le generazioni future di studiosi e ‘ulama.

In aggiunta a ciò, come poter stabilire che la copia in mano ad ‘Allamah al-Hilli sia autentica dato che gli eredi di al-Ghada’iri, e presumibilmente altri suoi studenti, fecero sparire dalla circolazione le sue opere? Sayyid Ibn Tawus, maestro di ‘Allamah al-Hilli, nell’opera Hill al-Ishkal fi Ma’rifah al-Rijal, scrive di avere con sé gli isnad di tutti i libri di rijal dei maggiori sapienti del passato all’infuori dell’opera di al-Ghada’iri. Ciò significa che se ‘Allamah al-Hilli ricevette le sue copie da Ibn Tawus, la loro provenienza è dubbia. Potrebbe anche essere che ‘Allamah al-Hilli abbia ricevuto le sue copie attraverso altri canali, ma ciò non ci è dato sapere con esattezza.

Noi diciamo:

Come abbiamo stabilito in precedenza, noi non facciamo affidamento univoco e unilaterale sui primi rijalisti, dunque a maggior ragione non lo possiamo fare con i tardi rijalisti le cui deduzioni e il cui ijtihad rischia di allontanarsi ulteriormente dalla realtà dei fatti.

Sayyid al-Khu’i ha quindi ragione nel concludere che non si possa far affidamento sui tardi rijalisti, ma a questo punto ci chiediamo come lo stesso criterio di rifiuto che lui pone nei confronti dei tardi rijalisti, non possa esser posto nei confronti dei primi rijalisti. Quest’ultimi infatti erano sì più vicini al periodo degli Imam, ma non sono vissuti con loro, né erano in definitiva “troppo vicini” a quel periodo, si parla infatti di almeno 150 anni di differenza. Di conseguenza anche per loro fu necessario l’utilizzo dell’ijtihad per giungere alle proprie conclusioni sulle quali, tra l’altro, spesso non vi era unanimità a riguardo.

Un’altra annotazione all’opinione presentata da Sayyid al-Khu’i è che ‘Allamah al-Hilli non si basava ciecamente sul principio della Asalah al-‘Adalah e ciò viene spiegato da lui stesso nell’introduzione al Khulasah al-Aqwal. Egli scrive infatti di aver suddiviso la sua opera in due sezioni: una includente le persone affidabili e una includente quelle non affidabili. Poi dice di aver incluso tra quelle non affidabili anche quelle personalità su cui vi è divergenza a riguardo e quelle ignote su cui non si hanno giudizi in merito. Quindi le parola di ‘Allamah è esattamente il contrario di quanto Sayyid al-Khu’i gli attribuisce.

È probabile che Sayyid al-Khu’i abbia generalizzato l’opinione di ‘Allamah al-Hilli in riferimento a Ibrahim Ibn Hashim. Questi fu la prima persona che diffuse le tradizioni di Kufa a Qum ma nessuna particolare dichiarazione di affidabilità tra i primi rijalisti è reperibile nei suoi confronti. ‘Allamah al-Hilli però lo considera affidabile e da qui nasce l’equivoco.

A quel tempo la tradizione di Kufa differiva molto da quella di Qum. A Kufa si elogiava molto l’Ahl al-Bayt, e soprattutto a livello popolare si dicevano molte esagerazioni sul loro conto. Qum invece era molto rigida in tal senso al punto tale che se una persona riteneva che il Profeta o gli Imam fossero esenti da errori venivano considerati “estremisti” (ghulah). Molte personalità di rilievo furono esiliate da Qum per aver peccato di “estremismo” o aver riportato narrazioni da persone inaffidabili o di dubbia provenienza. Dunque, se Ibrahim Ibn Hashim diffuse le tradizioni di Kufa a Qum e fu accettato dalla popolazione locale, e considerata la tendenza della popolazione di Qum di quel tempo nello scrutinio degli hadith, ne consegue che egli possa benissimo esser considerato “affidabile”.  ‘Allamah al-Hilli cita il fatto che Ibrahim Ibn Hashim abbia trasmesso molte narrazioni dall’Imam (seppur attraverso intermediari) e che nessuno lo abbia mai biasimato, e quindi dovrebbe essere considerato affidabile. Egli dunque non ha qui fatto uso della Asalah al-‘Adalah ma si è basato su prove, per lui non per noi, evidenti.

Questo giusto per puntualizzare sulle parole di Sayyid al-Khu’i. Noi abbiamo riserve sul conto di Ibrahim Ibn Hashim che insh’Allah avremo modo di approfondire più avanti.

 

Il Kamil al-Ziyarah di Ibn Quluwayh

Hurr al-‘Amili alla fine del suo Wasa’il al-Shi’ah presenta la sua teoria delle “autenticazioni generali” (tawthiqat al-‘ammah). Ciò significa autenticare l’affidabilità di un intero gruppo di persone come quando, per esempio, vien detto che “la famiglia dei Nawbakhti è una famiglia di ‘ulama affidabili”, e ciò indurrebbe a ritenere che ogni singolo membro di questa famiglia sarebbe affidabile.

Secondo vari ‘ulama, Ja’far Ibn Muhammad Ibn Quluwayh nel Kamil al-Ziyarah avrebbe autenticato, in tal senso, la gran parte dei narratori che menziona nelle sue catene di trasmissione. Nella sua introduzione afferma:

“Non posso qui raccogliere tutte le narrazioni che sono state trasmesse dall’Ahl al-Bayt su questo argomento ma ho raccolto le narrazioni dai narratori affidabili tra i nostri compagni, non ho trasmesso niente dalle persone controverse e non narrerò niente da loro all’infuori di chi è noto per la sua sapienza e competenza nella trasmissione”

Questa affermazione è abbastanza vaga e da essa gli ‘ulama ne hanno tratto tre opinioni differenti:

1) Ibn Quluwayh avrebbe autenticato tutti i narratori presenti nella sua opera, i quali sono esattamente 388. Questa è l’opinione di Hurr al-‘Amili. Sayyid al-Khu’i e Sayyid Muhammad Sa’id al-Hakim condividono puntualizzando però che ci sono circa sessanta narratori chiaramente non affidabili nell’opera e quindi vanno esclusi. Poi Sayyid al-Khu’i, verso la fine della sua vita, cambierà opinione.

2) Ibn Quluwayh avrebbe autenticato solo i suoi maestri, cioè solo coloro da cui trasmette in modo diretto, i quali sarebbero esattamente 33. Questa è l’opinione di Muhaddith Nuri al-Tabrisi, Sayyid Muhammad Baqir al-Sadr, Shaykh Ja’far al-Subhani, e di Sayyid al-Khu’i nell’ultima fase della sua vita. È noto che riportare hadith da narratori deboli, in ispecie a Qum, era cosa assai controversa da cui si poteva rischiare l’esilio. Comunque se i suoi maestri erano affidabili e hanno poi fatto affidamento da qualcuno che non lo è, diventa loro responsabilità, non di Ibn Quluwayh. Inoltre Ibn Quluwayh afferma di far affidamento su “i nostri compagni”, intendendo ‘ulama imamiti, mentre i suoi maestri riportano anche da non imamiti.

3) Ibn Qulawayh nella sua introduzione non vuole valorizzare la sua opera dicendo di aver trasmesso da narratori affidabili o da maestri affidabili ma semplicemente dice di aver fatto affidamento su ‘ulama esperti nel loro campo. Questa è l’opinione di Sayyid al-Sistani.

Noi diciamo:

1) L’opinione di Hurr al-‘Amili non è accettabile innanzi all’evidenza dei fatti in quanto almeno 60 narratori citati da Ibn Quluwayh sono inaffidabili o neanche sono narratori. Hasan Ibn ‘Ali Ibn Abi ‘Uthman, Muhammad Ibn ‘Abdullah Ibn Mihran, Ummayyah Ibn ‘Ali al-Qaysi sono noti per la loro inaffidabilità. La rettifica di Sayyid al-Khu’i e Sayyid al-Hakim sembra più essere una sorta di arrampicarsi sugli specchi. Inoltre l’affermazione di Ibn Quluwayh è troppo ambigua per poter stabilire che l’autore abbia effettivamente confermato l’autenticità di tutti, o perlomeno della gran parte, dei narratori dai quali ha trasmesso. Ciò in aggiunta in quanto abbiamo da dire nel punto seguente.

2) Non ci è possibile fare affidamento sull’opinione e l’autenticazione di Ibn Quluwayh soltanto, il quale è un muhaddith la cui competenza e criterio in materia di rijal non ci è nota. Ciò in aggiunta all’ambiguità della stessa affermazione di Ibn Quluwayh, problema che abbiamo sollevato anche nel punto precedente.

3) L’opinione di Sayyid al-Sistani considera Ibn Quluwayh fare affidamento a esperti di hadith come fossero Nuqqad al-Hadith nella guisa di Ahmad Ibn Muhammad Ibn ‘Isa, Sa’d Ibn ‘Abdullah, Husayn Ibn Sa’id, Muhammad Ibn Hasan Ibn Walid e ‘Ali Ibn Husayn al-Sa’dabadi sui quali hanno fatto affidamento molti ‘ulama per via del loro approccio critico nell’autenticare gli hadith. Dunque quando essi confermavano un hadith, sarebbe stato comprovato anche se l’isnad avesse incluso narratori non affidabili. Noi però non possiamo basarci sull’opinione dei singoli ‘ulama, ivi incluso i Nuqqad al-Hadith, in quanto non sappiamo la loro metodologia ed il loro numero non induce a certezza, in ispecie considerando il fatto che, spesso, quel che han riportato non viene trasmesso da altre fonti fuori Qum.

In conclusione diciamo anche che ci sono varie discrepanze nelle parole di Ibn Quluwayh, nella sua introduzione, nelle diverse copie antiche del Kamil al-Ziyarah. Noi comunque non solo non possiamo autenticare l’affidabilità dei narratori menzionati da Ibn Quluwayh, ma neanche possiamo autenticare il contenuto e gli hadith inclusi nell’opera poiché sono stati trasmessi da un numero troppo limitato di tradizionisti, provenienti da un’unica città, o luoghi correlati, che non trovano corroborazioni al di fuori di una cerchia ristretta di ‘ulama aventi la stessa dottrina.

 

Ibrahim Ibn Hashim al-Qummi

Non esiste alcuna autenticazione ufficiale sull’affidabilità di Ibrahim Ibn Hashim al-Qummi. Shaykh al-Kulayni, nell’opera al-Kafi, fa molto affidamento su ‘Ali Ibn Ibrahim al-Qummi, a cui è stato attribuito il noto Tafsir al-Qummi nel quale cita direttamente suo padre Ibrahim Ibn Hashim. Al-Kulayni riporta ben 3.883 hadith, su un totale di 16.199 narrazioni che trasmette, da ‘Ali Ibn Ibrahim che cita suo padre.

Al-Najashi scrive nel suo Rijal: “Ibrahim Ibn Hashim, Abu Ishaq al-Qummi, originario di Kufa, si trasferì a Qum. Abu ‘Amru al-Kashi dice: – Fu studente di Yunus Ibn ‘Abdul-Rahman e viene annoverato tra i compagni dell’Imam Rida-. Questo è quello che dice al-Kashi ma ci sarebbe da riflettere su ciò. I nostri compagni dicono che fu la prima persona a diffondere gli hadith di Kufa a Qum”.

Al-Tusi scrive nel suo Fihrist: “Ibrahim Ibn Hashim, Abu Ishaq al-Qummi, originario di Kufa, si trasferì a Qum. I nostri compagni dicono che fu il primo a diffondere gli hadith di Kufa a Qum e menzionano che si incontrò con al-Rida”.

Ivi, non solo non troviamo alcuna menzione inerente alla sua affidabilità ma anzi il fatto che fu il primo a “diffondere gli hadith di Kufa a Qum” potrebbe essere visto come una cosa negativa essendo Qum assai più rigida nello scrutinio degli hadith che della cultura pro-alide kufana.

Sayyid al-Khu’i, nel suo Mu’jam al-Rijal, scrive tre ragioni per confermare l’affidabilità di Ibrahim Ibn Hashim

1) ‘Ali Ibn Ibrahim, suo figlio, la cui affidabilità viene confermata dai rijalisti imamiti, riporta moltissimi hadith da suo padre. Nel suo tafsir, in cui lo cita pressoché continuamente, dice di aver riportato gli hadith da narratori affidabili e ciò confermerebbe la sua affidabilità.

2) Sayyid Ibn Tawus nell’opera Falah al-Sa’il, citando un hadith dal Ma’ani al-Akhbar di Shaykh al-Saduq in cui compare Ibrahim Ibn Hashim, afferma: “I narratori di questo hadith sono affidabili e vi è concordanza”.

3) Ibrahim Ibn Hashim fu il primo a diffondere gli hadith di Kufa a Qum e, considerata la rigida attitudine degli ‘ulama di Qum e il fatto che non hanno detto niente sul suo conto, né lo hanno esiliato dalla città, se ne concluderebbe che egli sia affidabile.

Noi diciamo:

1) Più avanti analizzeremo l’autenticità del Tafsir al-Qummi giungendo alla conclusione che si tratta di un testo su cui non si possa far alcun affidamento. Oltre a ciò, la testimonianza del figlio non sarebbe comunque sufficiente per determinare l’affidabilità del padre.

2) Al di là del fatto che Seyyed Ibn Tawus è un tardo rijalista e quindi Sayyid al-Khu’i non dovrebbe, in base alla sua metodologia, accettare la sua opinione, l’espressione “concordanza” (ittifaq) non indica “consenso” (ijma’). Ciò è infatti quanto ne deduce Ibn Tawus dal silenzio vigente, con qualche elemento storico-dottrinale in aggiunta, sul conto di Ibrahim Ibn Hashim, il che è soggetto a, perlomeno potenziali, errori.

3) Il fatto che non ci sia giunto niente sull’opinione degli ‘ulama di Qum nei riguardi di Ibrahim Ibn Hashim, e che non fosse stato esiliato dalla città, non significa che fosse necessariamente una persona affidabile. Anzi, il silenzio degli ‘ulama di Qum lo conferma come ignoto con addirittura possibili sospetti di mancanza di stima. Non sappiamo nei dettagli le varie dinamiche di Qum del tempo ma certamente non possiamo giungere alla conclusione che tutte le persone non esiliate da Qum fossero affidabili, anzi il continuo esilio di persone farebbe pensare che ci fossero veri e propri nuclei di persone che non lo erano. Il fatto che Ibrahim Ibn Hashim venga annoverato come “il primo a diffondere gli hadith di Kufa a Qum” ci induce anche a considerare tale espressione in chiave negativa in quanto lo stesso clan degli Ash’ari, fondatori di Qum, era di provenienza kufana; in questo caso quindi la notorietà sulla diffusione degli hadith di Kufa a Qum da parte di Ibn Hashim non farebbe ben pensare. Inoltre gli hadith di Ibrahim Ibn Hashim vengono riportati da suo figlio ‘Ali Ibn Ibrahim e pochi altri: come sarebbe possibile dunque convalidare la sua affidabilità sulla base di così poche persone?

 

Il Tafsir al-Qummi di ‘Ali Ibn Ibrahim

‘Ali Ibn Ibrahim al-Qummi, maestro di Shaykh al-Kulayni, fu autore di un tafsir, noto come Tafsir al-Qummi la cui versione che abbiamo a disposizione oggi fa risalire la gran parte degli hadith a Ja’far Ibn Muhammad al-Sadiq, da uno dei suoi compagni, da Muhammad Ibn Abi ‘Umayr, da Ibrahim Ibn Hashim fino a giungere ad ‘Ali Ibn Ibrahim.

Nell’introduzione al tafsir si legge quanto segue:

“Menzioniamo e riportiamo quello che ci è giunto e ci hanno trasmesso i nostri shaykh e le nostre persone fidate su autorità di coloro che Iddio ci ha ordinato di rendere obbedienza”

Hurr al-‘Amili e Sayyid al-Khu’i hanno autenticato l’intera opera ritenendo che tutti i narratori menzionati in essa, 270 di numero, siano affidabili. Altri invece hanno ritenuto che ‘Ali Ibn Ibrahim abbia voluto autenticare soltanto l’affidabilità dei suoi diretti maestri, 30 in tutto. Ne consegue un discorso analogo a quello inerente al Kamil al-Ziyarah di Ibn Quluwayh. A ciò si aggiungono poi altri problemi:

1) Nell’opera in questione vengono riportati hadith da persona chiaramente inaffidabili come Yahya Ibn Akhtam che era un giudice presso la corte abbaside.

2) Le copie che ci sono giunte includono sì il tafsir di ‘Ali Ibn Ibrahim al-Qummi la cui gran parte degli hadith risale a Ja’far al-Sadiq, ma anche il tafsir di Abu al-Jarud Ziyad Ibn Mundhir la cui gran parte degli hadith risale a Muhammad Ibn ‘Ali al-Baqir. Si tratta dunque di due tafsir messi insieme di cui non sappiamo esattamente la modalità in cui ci sono arrivati.

Shaykh Buzurgh al-Tihrani, nella sua opera al-Dhari’ah ila Tasanif al-Shi’ah, spiega che il tafsir ci sia stato trasmesso da Abu al-Fadl al-‘Abbas Ibn Muhammad Ibn Qasim che si trasferì nel Tabaristan, zona al tempo a prevalenza zaydita. Quindi onde promuovere l’opera vi inserì il tafsir di Abu al-Jarud che era zaydita e così è giunto anche a noi. Si tratta però di un’elaborazione di Shakh al-Tihrani che non possiamo confermare né supporre in quanto priva, a nostro giudizio, di fondamento ovvero si tratta di pura ipotesi.

Altro problema che si pone: se questi tafsir sono stati uniti, chi ha scritto l’introduzione da dove abbiamo estratto anche la nostra citazione precedente? ‘Ali Ibn Ibrahim, Abu al-Jarud o Abu al-Fadl ‘Abbas?

Tra l’altro quello che sappiamo della figura di Abu al-Fadl ‘Abbas è che sia stato un discente di Musa Ibn Ja’far al-Kazim, niente di più.

E ancora, la copia che abbiamo inizia con “Ci è stato narrato da Abu al-Fadl Abbas Ibn Muhammad Ibn Qasim…”. Chi narra l’intero tafsir da Abu al-Fadl dunque?

Abu al-Fadl non narra esclusivamente da ‘Ali Ibn Ibrahim ma anche da altri, tipo Ibn ‘Uqda che non era uno studente di ‘Ali Ibn Ibrahim ma piuttosto uno studente di un suo studente, e più precisamente di Shaykh al-Kulayni.

Siamo confidenti del fatto che ‘Ali Ibn Ibrahim avesse scritto un tafsir, e ‘Allamah Tabrisi lo cita nel suo Majma’ al-Bayan, ma allo stesso tempo non possiamo dire che la copia che abbiamo oggi a disposizione sia la stessa e anzi siamo sufficientemente convinti del contrario.

 

Autenticazioni generali

Presentiamo di seguito una lista di nomi, e relativa analisi, di alcuni narratori sui quali alcuni sapienti hanno confermato un’autenticazione generale (tawthiq ‘amm).

Ibn Abi ‘Umayr, Safwan e al-Bazanti

Shaykh al-Tusi, nell’opera al-‘Uddah fi ‘ilm al-Usul cita tre persone che narrano hadith esclusivamente da persone affidabili: Muhammad Ibn Abi ‘Umayr, Safwan Ibn Yahya al-Bajali e Ahmad Ibn Muhammad Ibn Abi Nasr al-Bazanti. Afferma inoltre che la scuola imamita concorderebbe all’unanimità su ciò. Al-Najashi dice che “i nostri compagni” sono sicuri sull’affidabilità dei loro marasil.

Ibn Abi ‘Umayr fu arrestato al tempo di Harun al-Rashid per la durata di quattro anni. Si narra che sua sorella, spaventata dall’avere con sé le sue raccolte di hadith su autorità dell’Ahl al-Bayt, li seppellì e, dopo quattro anni, i due li trovarono distrutti. Un’altra versione però ci dice che si trattò di un alluvione a distruggere le copie di Ibn Abi ‘Umayr, in ogni caso quel che è certo è che le copie andarono perdute. Fu così che Ibn Abi ‘Umayr cita diversi marasil in quanto non si ricordava da chi li aveva trasmessi.

Ibn Abi ‘Umayr fu compagno dell’Imam Kazim e dell’Imam al-Rida ed era noto anche tra i non sciiti secondo al-Najashi. Al-Tusi lo definisce come la “personalità unica del suo tempo”. Si dice abbia lasciato 49 opere che poi sono andate perdute.

Safwan Ibn Yahya al-Bajali fu un pio kufano molto pio, estremamente affidabile secondo al-Najashi e divenne wakil dell’Imam al-Rida. In aggiunta a quello che dice al-Tusi nella ‘Uddah, se la sua wikalah, in aggiunta alla sua pietà religiosa, se confermate, sono prova sufficiente riguardo la sua affidabilità.

Ahmad Ibn Muhammad Ibn Abi Nasr fu un kufano, compagno dell’Imam al-Rida e al-Jawad.

Da un lato noi non possiamo fare affidamento sulla singola opinione di Shaykh al-Tusi, dall’altro però egli parla di consenso, e al-Najashi pare sostenerlo. Ciò potrebbe farci dedurre che si sia trattato di personalità particolarmente pie e affidabili nella comunità imamita. Non abbiamo però materiale sufficiente per dedurre che questi “abbiano riportato hadith solo da persone affidabili”.

Si noti che Muhammad Ibn Abi ‘Umayr viene riportato narrare da sette persone considerate inaffidabili dai primi rijalisti imamiti. Shaykh al-Tusi stesso nel Tahdhib al-Ahkam e nello Istibsar cita alcuni hadith mursal di Ibn Abi ‘Umayr e non li accetta.

Ja’far Ibn Bashir e al-Za’farani:

Fu un pio muhaddith che gestiva una moschea di Kufa. Al-Najashi dice che “narra da narratori affidabili, e narratori affidabili narrano da lui”. Ciò, secondo alcuni ‘ulama, proverebbe un’autenticazione generale nei suoi confronti. Lo stesso discorso vale per Isma’il Ibn Maymun al-Za’farani.

‘Ali Ibn Hasan al-Taturi:

Era un waqifita ma viene considerato affidabile dai rijalisti imamiti. Al-Tusi afferma di accettare gli hadith dei Taturiyyin, allargando dunque l’affidabilità all’intera famiglia. Nel Fihrsit dichiara: “Ha scritto libri di fiqh che ha narrato da narratori affidabili”.

Il problema sul suo conto è che il muhaddith imamita, prima di narrare da lui, dovrebbe assicurarsi di citare dai suoi libri di fiqh, e non da altri in quanto al-Tusi convalida solo i narratori che ha citato dai libri di fiqh. Non c’è modo di far ciò se non nel Tahdhib Istibsar dove al-Tusi nella sua mashykhah finale inizia l’isnad con al-Taturi, indicando la provenienza dell’hadith da un suo libro di fiqh.

I maestri di al-Najashi:

Abu Ghalib al-Zurari e Abu ‘Ali Ibn Nu’man furono due maestri di al-Najashi. Quest’ultimo, quando nel suo Rijal parla di Ja’far Ibn Muhammad Ibn Malik, lo condanna veemente dicendo che si tratta di un narratore che fabbrica hadith e trasmette da persone ignote. Si sorprende dunque di come Abu Ghalib e Abu ‘Ali possano aver narrato da loro. Dato lo sbalordimento di al-Najashi, alcuni ‘ulama hanno dedotto che queste due figure erano solite narrare esclusivamente da persone affidabili.

Ahmad Ibn Muhammad Ibn ‘Isa al-Ash’ari:

Qum era una città-Stato fondata dal clan degli Ash’ari, originari dello Yemen, trasferitisi a Medina, da Medina a Kufa, e infine da Kufa a Qum. Ahmad Ibn Muhammad Ibn ‘Isa era il capo della città la cui politica, come abbiamo detto anche in precedenza, era molto rigida sulla trasmissione degli hadith.

Ahmad Ibn Muhammad Ibn ‘Isa è noto per aver scacciato varie personalità da Qum perché considerate estremiste (ghulah) o perché narravano marasil o da narratori inaffidabili. Le più note furono: Muhammad Ibn ‘Ali Ibn Ibrahim, noto come Abu Saminah, Sahl Ibn Ziyad e Ahmad Ibn Muhammad Ibn Khalid al-Barqi.

Abu Saminah era noto per essere mendace a Kufa, giunse poi a Qum e venne accolto, ma divenne famoso per estremismo e fu esiliato.

Anche Sahl Ibn Ziyad venne esiliato perché accusato di estremismo.

Ahmad al-Barqi invece fu sempre considerata una persona giusta e affidabile ma dato che narrava anche marasil e da narratori ritenuti deboli a Qum, fu esiliato. Ahmad Ibn Muhammad Ibn ‘Isa si pentì poi di questa sua scelta e lo richiamò; al suo funerale andò a piedi scalzi in segno di umiltà e rispetto.

Sayyid al-Khu’i ha detto che Ahmad Ibn Muhammad Ibn ‘Isa narra almeno da quattro narratori deboli quali Muhammad Ibn Sinan, ‘Ali Ibn Hadid, Isma’il Ibn Sahl e Bakr Ibn Salih. Altri ‘ulama però hanno detto che non si tratta di narratori deboli.

 

Gli studenti dell’Imam al-Sadiq nel Rijal al-Tusi   

Shaykh Tusi, nel suo Rijal, cita quattromila studenti dell’Imam al-Sadiq. Hurr al-‘Amili, nella sua opera Amal al-Amil, quando parla di Khalid Ibn Awfa afferma:

“Quando è detto che questa persona è affidabile e ogni altro compagno di al-Sadiq è affidabile, si tratta di cosa assai probabile all’infuori di coloro la cui inaffidabilità è stata comprovata”

Shaykh al-Mufid nel Kitab al-Irshad dice che l’Imam al-Sadiq ebbe quattromila studenti, tutti affidabili. Ibn Sharhashub e ‘Allamah al-Tabrisi riprendono le parole e l’opinione di al-Mufid.

Secondo quanto riportato da al-Najashi nel Rijal e da Shaykh al-Tusi nel Fihrist, Ibn ‘Uqdah scrisse un’opera in cui cita i nomi degli studenti dell’Imam al-Sadiq. Il libro però non è giunto fino a noi.

Nell’introduzione del suo Rijal, Shaykh al-Tusi afferma di non aver trovare un libro più grande sugli studenti dell’Imam al-Sadiq che quello di Ibn ‘Uqdah. Ibn ‘Uqdah, però, citerebbe solo gli studenti dell’Imam al-Sadiq e dunque Shaykh al-Tusi aggiunse nella sua opera compagni e studenti anche degli altri Imam.

Noi diciamo:

E’ assai difficile poter autenticare tutti i quattromila studenti dell’Imam al-Sadiq. Non abbiamo alcuna certezza che si tratti degli studenti citati da Ibn ‘Uqdah e, anche se così fosse, l’asserzione di Shaykh al-Mufid non sarebbe comunque prova sufficiente del fatto che tutti questi quattromila studenti siano affidabili.

Si tenga conto, inoltre, che Shaykh al-Tusi stesso afferma che alcuni degli studenti dell’Imam al-Sadiq che cita nel suo Rijal non sono affidabili come Ibrahim Ibn Abi Habba’, Harith Ibn ‘Umar al-Basri e Abdul-Rahman Ibn ‘Alqam. E’ pur vero che Hurr al-‘Amili dice “all’infuori di coloro la cui inaffidabilità è stata comprovata” ma il problema non sono tanto coloro la cui inaffidabilità è stata comprovata quanto coloro la cui affidabilità non è stata provata.

Shaykh al-Mufid stesso nel Kitab al-Irshad utilizza l’espressione al-ruwat min al-thuqat ossia “narratori tra quelli affidabili” non implicando dunque una necessaria autenticazione generale.

 

Il Nawadir al-Hikmah di Muhammad Ibn Ahmad Ibn Yahya

L’opera Nawadir al-Hikmah di Muhammad Ibn Ahmad Ibn Yahya non è giunta fino a noi. Si tratta di un’opera elaborata poi da Muhammad Ibn Hasan Ibn Walid.

Muhammad Ibn Ahmad Ibn Yahya trasmette hadith da più di ottocento narratori. Muhammad Ibn Hasan Ibn Walid analizzò il Nawadir al-Hikmah ne escluse molti tra essi. Questi fece ciò senza però dire il motivo di queste sua scelta e selezione. Secondo vari ‘ulama, Ibn Walid era un rigido rijalista e non a caso viene annoverato tra i Nuqqad al-Hadith. Da ciò ne avrebbe dedotto che Ibn Walid esclude i narratori deboli lasciandovi nell’opera soltanto quelli affidabili. Sayyid Khui rigetta questa teoria e Shaykh al-Subhani la accetta.

Al-Najashi afferma che Muhammad Ibn Ahmad Ibn Yahya è affidabile solo che “narra da narratori deboli e trasmette marasil e non considera i narratori dai quali narra”. Nonostante ciò al-Najashi dice che il Nawadir al-Hikmah fu “un libro di grande valore, i sapienti di Qum lo conoscono e lo chiamano dabbah shabib”. Dabbah Shabib era un ambulante che aveva tutto con sé, al-Najashi vuole dunque enfatizzare l’importanza e l’utilità di questa opera.

Al-Najashi inoltre afferma “Muhammad ibn Hasan ibn Walid eslcude da Muhammad Ibn Ahmad Ibn Yahya quello che ha narrato da…” facendo una lunga lista di nomi delle persone che ha escluso. Poi cita Abu al-‘Abbas, uno studente di Ibn Walid, che dice in riferimento all’elaborazione del maestro: “Il nostro Shaykh Ibn Walid fece un vero e proprio capolavoro all’infuori di una cosa ossia di aver escluso Muhammad Ibn ‘Isa Ibn ‘Ubayd che era affidabile” lo escluse. Da ciò dunque se ne dedurrebbe un’ulteriore prova sul fatto che Ibn Walid abbia escluso i narratori deboli, lasciando quelli affidabili.

Noi diciamo:

Noi non sappiamo perché Ibn Walid abbia escluso tutti questi individui, né quale fosse il suo criterio. Infatti, non necessariamente si deve esser basato sul criterio dell’affidabilità; potrebbe essere che abbia deciso di lasciare i narratori imamiti ed eliminare gli altri basandosi sul principio della Asalah al-‘Adalah inerente ad essi e ciò per noi non sarebbe accettabile. E’ indifferente per noi che Ibn Walid venga annoverato tra i Nuqqad al-Hadith poiché troppo poco sappiamo della sua metodologia, e la sua rigidità contro l’estremismo e poco altro non è elemento sufficiente per dargli cieca fiducia.

 

Al-Risalah al-‘Adadiyyah di Shaykh al-Mufid

Shaykh al-Mufid è autore di un trattato chiamato Risalah al-‘Adadiyyah inerente al dibattito sull’inizio del mese di Ramadan, se questo sia sempre di trenta giorni oppure sia alcuni anni di ventinove ed altri di trenta. Le narrazioni imamite a riguardo divergono e Shaykh al-Mufid sceglie quelle dei ventinove e trenta giorni perché sono più numerose e riportate da “sapienti e fuqaha’ affidabili”. Egli cita 42 sapienti tra le suddette personalità “affidabili”. E’ dunque possibile per un rijalista autenticare tutti i 42 sapienti menzionati da Shaykh al-Mufid oppure no? Shaykh al-Mufid scrive:

“Per quanto concerne i narratori degli hadith che hanno riportato che il mese di Ramadan sia a volte di ventinove giorni e altre di trenta sono fuqaha’, dotti e guide a cui ci si affida per quanto concerne il lecito e l’illecito, traiamo fatwa da essi, non sono stati accusati in niente e non vi è modo che possano essere biasimati in alcunché e sono autori di usul”

Secondo vari sapienti imamiti, come Shaykh Wahid al-Bihbahani, le parole di Shaykh al-Mufid rappresenterebbero un al-tawthiq al-‘amm.

Sayyid al-Sistani rigetta l’opinione di al-Bihbahani in quanto circa la metà delle 42 personalità in questione non sono degne di tale elogio ed anzi, tra essi compare anche qualche figura debole. Inoltre tra le 42 personalità appare pure la controversa figura di Abu al-Jarud sul quale gli ‘ulama differiscono nel giudizio così come altre figure zaydite, waqifite e fathite.

Noi diciamo:

Shaykh al-Mufid sta cercando di presentare delle prove a sostegno della sua fatwa inerente all’avvistamento della nuova luna e dicendo che i narratori che hanno riportato gli hadith su cui fa affidamento sono affidabili, contrariamente a quelli che hanno riportato gli hadith contrari ad essi. Nonostante ciò, non sarebbe possibile per noi basarci ciecamente sull’opinione esclusiva di Shaykh al-Mufid e dunque non possiamo dedurre dalle sua parole alcuna autenticazione generale.

 

I Mashaykh al-Ijazah

Mentre le autenticazioni generali (al-tawthiqat al-‘ammah) cercano di autenticare una serie di personalità, i segni di affidabilità (amarat al-withaqah) osservano quei fattori potenziali che potrebbero o dovrebbero indicare l’affidabilità dei singoli narratori. Tra essi menzionano la Shaykhukhah al-Ijazah.

Alcuni maestri e mashaykh di grandi sapienti non vengono autenticati esplicitamente nei libri di Rijal come per esempio Ahmad Ibn Muhammad Ibn Yahya e Ahmad Ibn Muhammad Ibn Hasan Ibn Walid, entrambi maestri di Shaykh al-Tusi. Quando notiamo però che Shaykh al-Tusi ha ricevuto tante narrazioni da questi e che egli gli ha chiesto il permesso di poter narrare da loro e su loro autorità, se ne dedurrebbe che tali maestri siano affidabili e non il contrario.

al-Najashi e al-Tusi nei loro Rijal non li hanno menzionano una withaqah specifica nei loro confronti ma dopo aver notato un elevato numero di narrazioni su loro autorità se ne dedurrebbe che siano affidabili. Sapienti come Shahid al-Thani, Wahid al-Bihbahani, Yusuf al-Bahrani e al-Muhaddith al-Nuri fanno affidamento sulla Shaykhukah al-Ijazah ritenendola strumento valido per l’identificazione dell’affidabilità dei narratori. Alcuni di loro hanno inoltre detto che questa Shaykhukhah è un segno ancor maggiore di affidabilità in quanto i sapienti coinvolti neanche necessiterebbero di una withaqah ed anzi far ciò sarebbe una sorta di insulto nei loro confronti dato che la loro affidabilità sarebbe sottintesa e più che stabilita.

Si consideri poi che se questi sapienti fossero inaffidabili, per quale motivo grandi sapienti come Shaykh al-Tusi andrebbero a chiedergli un ijazah e di poter narrare su loro autorità?

Muhaqqiq al-Tustari però afferma che l’ijazah può essere chiesta anche solo a motivo di “benedizione” come era noto a quel tempo in quanto i libri dei grandi maestri erano già diffusi e in circolazione. In altre parole Muhaqqiq al-Tustari afferma che se il libro è popolare si deve far affidamento sulla sua popolarità, e se invece non lo è non solo si deve richiedere un ijazah ma autenticare l’affidabilità di chi lo trasmette.

Sayyid al-Khu’i afferma che se un grande sapiente narra da una persona ignota, ciò non significa che quest’ultima sia necessariamente affidabile.

Noi diciamo:

Le opinioni di Muhaqqiq al-Tustari e Sayyid al-Khu’i sono decisamente più rilevanti. Si tenga conto inoltre che diversi Shuyukh al-Ijazah sono ritenuti deboli e inaffidabili nei libri stessi di Rijal. Ciò invalida l’intera teoria della Shaykhukhah al-Ijazah.

La wikalah

Se un narratore di hadith è stato nominato come wakil da un Imam, è indice della sua affidabilità. La wikalah implica la raccolta delle tasse e donazioni islamiche, parlare e lavorare in nome dell’Imam e rispondere alle domande dei credenti e risolvere i problemi dei credenti per suo conto. Abbiamo tre opinioni a riguardo:

  1. Un wakilè affidabile, altrimenti non sarebbe stato nominato tale da un Imam.
  2. Un wakilnon necessariamente è affidabile. Per esempio, ‘Ali Ibn Abi Hamzah al-Bata’ini fu un wakildell’Imam al-Kazim che poi si rifiutò di giurare fedeltà all’Imam al-Rida e si tenne la somma di denaro che apparteneva all’Imam.
  3. Un wakilche raccoglie tasse e donazioni, parla e lavora a nome dell’Imam, risolve le dispute e fornisce direttive per conto dell’Imam sarebbe da considerarsi affidabile ma un wakila cui è semplicemente stato incaricato di fare la spesa o di fare il guardiano di casa non necessariamente è affidabile.

Noi diciamo:

Un wakil deve necessariamente essere ritenuto affidabile da chi lo nomina tale. Non avrebbe senso nominare una persona inaffidabile come wakil. Ciò vale sia per le responsabilità maggiori che quelle minori. Un wakil nominato come guardiano di casa o a cui gli vengono affidati soldi per fare spesa deve comunque essere una persona affidabile ed anzi rappresenta una sorta di intimità e vicinanza all’Imam.

L’esempio di ‘Ali Ibn Abi Hamzah al-Bata’ini non è rilevante a riguardo. Infatti quando venne nominato wakil dall’Imam era affidabile e gestiva gli affari in suo nome con diligenza. Fu solo quando l’Imam al-Kazim morì che fu ingannato dai suoi bassi desideri e divenne inaffidabile ma in tal momento non era più soggetto né degno di alcuna wikalah.

 

Il Tarahhum e il Taraddi

Se un narratore non è stata menzionato esplicitamente come thiqah ma un grande sapiente come Shaykh Saduq, o altri del suo calibro, scrivono dopo il suo nome rahmatullahi ‘alayhi o radiallahu ‘anhu, sarebbe prova di affidabilità?

Sayyid al-Khu’i afferma che ciò non provi alcuna autenticazione in quanto frasi del genere nient’altro sono che invocazioni e dunque non implicano nessuna convalida in altro senso. Inoltre l’Imam al-Sadiq si indirizzò con tarahhum nei confronti di Sayyid Isma’il al-Himyari che era trasgressore e bevitore di vino. In modo analogo al-Najashi si indirizza con tarahhum nei confronti di Muhammad Ibn ‘Abdullah Ibn Bahlul che però definisce debole.

Alcuni ‘ulama hanno tentato di rispondere a Sayyid al-Khu’i dicendo che invocazioni del genere non possono esser riferite a chi non è degno. Secondo Sayyid Muhammad Taqi al-Hakim e ‘Allamah al-Amini, Sayyid Isma’il fu sì trasgressore ma poi si pentì e cambiò attitudine, per questo Imam al-Sadiq gli avrebbe indirizzato tarahhum. Nel caso di Muhammad Ibn ‘Abdullah Ibn Bahlul, si tratterebbe di un caso conflittuale e dovrebbe essere tralasciato.

Alcuni ‘ulama come Shaykh Muslim Dawari e Sayyid Muhammad Rida al-Sistani hanno detto che vi sia differenza tra rahmatullahi ‘alayhi e radiallahu ‘anhu: la prima espressione, infatti, non indicherebbe alcuna affidabilità o autenticazione mentre la seconda si.

Noi diciamo:

Espressioni di tarahhum e taraddi sono in genere indicazioni di affidabilità. Noi però ci limitiamo a considerarle tali solo se vengono pronunciate da sante personalità come un Imam o una figura estremamente pia sulla quale si hanno dubbi alcuni. Ciò vale dunque nel caso dell’Imam al-Sadiq, ammesso e concesso che il detto in questione gli possa essere attribuito, ma non in quello di al-Najashi la cui singola autenticazione non induce a certezza.

 

Affidabilità degli autori degli “usul”

Alcuni sapienti hanno ritenuto che gli autori dei 400 usul siano automaticamente da considerarsi affidabili. Questa è l’opinione di Shaykh al-Mufid, Shaykh Muhammad Taqi al-Majlisi, ‘Allamah Muhammad Baqir al-Majsili, Hurr al-‘Amili e Muhammad al-Nuri.

Sayyid al-Khu’i però afferma che un narratore che abbia scritto un asl non necessariamente sia affidabile. Infatti è possibile che questi abbia trasmesso un asl autentico e fabbricato altro materiale altrove, Shaykh al-Muhsini sostiene questa tesi.

Di fatto sappiamo che alcuni autori di usul non fossero considerati affidabili ed altri non fossero neanche imamiti. Per esempio ‘Ali Ibn Abi Hamzah al-Bata’ini e Suma’ah era waqifiti, Abu al-Jarud zaydita e ‘Ammar al-Sabati fathita. Shaykh Wahid al-Bihbahani afferma che non ha importanza se questi appartengano o meno ad altre scuole, l’importante è se siano affidabili o meno. Egli dice inoltre che alcuni autori possono essere sì inaffidabili, come al-Bata’ini dopo il tradimento, ma si tratta di un’eccezione e la regola generale è di considerarli affidabili. Dopo aver discusso ciò, al-Bihbahani però afferma che in fin dei conti essere autori di un asl è un merito ma non una prova di affidabilità.

Noi diciamo:

Essere autori di un libro, autentico o meno, non è a nostro avviso prova di affidabilità. Essere autori di un asl non può dunque essere considerato un criterio valido onde verificare l’affidabilità dei narratori.

 

Trasmissione elevata di narrazioni dall’Imam

Alcuni sapienti hanno ritenuto che se un narratore abbia riportato tante narrazioni da un Imam, questi sarebbe da considerarsi affidabili. Questa è l’opinione di Shaykh Muhammad Taqi al-Majlisi, ‘Allamah Muhammad Baqir al-Majlisi e Shaykh Wahid al-Bihbahani il quale afferma che ciò è senza dubbio una prova di affidabilità di un narratore laddove nessuno ha mosso critiche contro di lui.

A sostegno di questa tesi sono state presentate varie narrazioni su autorità dell’Imam al-Sadiq tra cui le seguenti:

“Conoscete il rango degli uomini in misura alle narrazioni che hanno trasmesso da noi”

“Conoscete il rango dei nostri sciiti in misura alle narrazioni che hanno perfettamente riportato sul nostro conto. Invero non consideriamo un faqih come faqih fintanto che non è muhaddith”

Sayyid al-Khu’i afferma però che questi hadith non sono autentici e rigetta l’intera teoria della trasmissione elevata di narrazioni dall’Imam (kathrah al-riwayah min al-Imam). Un altro punto sollevato da Sayyid al-Khu’i è: anche se diciamo che una persona che narra molto dall’Imam sia affidabile, si dovrà assicurarci che siano gli altri a dire che questi trasmette molto e non lui stesso a fornire narrazioni, altrimenti non sarà possibile capire se si tratti di un individuo affidabile o meno.

Shaykh Muslim al-Dawari ripone l’enfasi sull’espressione “in misura alle narrazioni che hanno perfettamente riportato sul nostro conto” implicando che si tratta del tipo di trasmissione, senza alterazioni o cambiamenti di parole, e non la quantità di narrazioni riportate.

Noi diciamo:

Se una persona riporta molte narrazioni dall’Imam e nessuno lo accusa di niente, né lo condanna in alcunché, ciò è per noi un segno di affidabilità. A tal fine dunque si dovranno osservare due condizioni:

  1. La trasmissione elevata di narrazioni dall’Imam
  2. L’assenza di accuse e biasimi da parte di terzi.

Se un narratore soddisfa entrambe le condizioni potrà essere considerato affidabile.

 

Conclusione

Termina qui con il beneplacito di Dio la stesura di queste annotazioni. Sarà necessario per lo studente approfondire dettagliatamente i vari aspetti di questa scienza e compararli con le altre branche relative alla scienza degli hadith e materie affini. Si noti che la nostra metodologia non è settaria ma anzi necessita di uno studio approfondito e comparato con le fonti non-imamite. Si armi dunque il ricercatore sincero di ampie vedute, acutezza e perseveranza. E Dio è Colui che dona ogni successo.

 

Fonte: https://www.shaykh.altervista.org/index.php/node/289

 

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Writer : shervin | 0 Comments | Category : Novità , Tradizioni

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