L’uomo, per essere felice, necessita di avvicinarsi ad Allah e conoscerLo sempre più. Per conoscere Allah e stabilire un rapporto con Lui è necessario parlarGli e che Lui parli a noi. Questo tipo di comunicazione diverge però dai rapporti che si possono intrattenere tra gli uomini: Allah infatti parla ai Suoi servi con saggezza, guidandoli sempre sulla Retta Via, onde non abbiano a deviarsi in sentieri oscuri e tenebrosi. Al contrario gli uomini sono soggetti a errare e non sono in grado, con le loro mere forze, di assicurarsi un cammino sicuro e privo di pericoli.
Non a caso il sommo Profeta Muhammad, su di lui la pace e sulla famiglia, esortò i musulmani a diffondere la Parola di Allah affinché l’umanità intera si possa incamminarsi sulla giusta strada e non la perda come una pecora smarrita che poi viene sbranata dai lupi. Egli disse: “Il migliore tra voi è chi impara il Corano e lo insegna”1.
Imparare a recitare il nobile Corano nella modalità in cui fu rivelato e recitato dal sommo Profeta e recitarlo quotidianamente significa mantenere il contatto con Allah su base quotidiana, ascoltarLo e farsi guidare regolarmente da Lui nel corso delle nostre vite.
Onde ottenere il massimo beneficio dalla recitazione del nobile Corano, è bene osservarne la corretta disciplina spirituale la quale aiuta l’anima a staccarsi dagli aspetti mondani ed ascendere verso le mete celesti laddove il messaggio di Allah si intensifica e diviene sempre più chiaro.
La disciplina spirituale non si limita agli stati del cuore ma spesso implica il ruolo delle funzioni corporee come per esempio lo stato di purità rituale che richiede il compimento del wudu’, del ghusl o del tayammum. La purità rituale fa sì che venga stabilita una connessione tale tra anima e corpo che permette di spiccare al servo il volo verso Allah. Non si tratta di pulizia fisica e igiene personale, né di mero distaccamento del cuore, ma di un movimento fisico mosso da un’intenzione esclusiva di amor per Allah soltanto. E’ un peccato notare come la gran parte delle genti non riponga la dovuta attenzione all’atto della purificazione rituale, senza menzionare il nome di Allah o compiere le invocazioni prescritte.
Parte della disciplina spirituale è la pronuncia dell’isti’adhah, la quale consiste nel rifugiarsi in Allah da Satana il reietto. Nel nobile Corano è detto: “Poi quando reciti il Corano cerca rifugio in Allah da Satana il reietto” (16;98). Ci sono vari modi di pronunciare l’isti’adhah, il più noto dei quali è: “A’udhu billahi min al-Shaytan al-Rajim” (cerco rifugio in Allah da Satana il reietto). Purificare il proprio cuore e le proprie intenzioni è molto importante onde scacciare ogni insinuazione satanica che mira ad allontanarci dalla comprensione della Parola di Allah, che purtroppo molti deducono secondo i loro criteri personali, che non riflettono quindi il volere divino bensì quello del nostro ego. Scacciare Satana è il primo passo verso l’abbandono dei nostri capricci e l’affermazione del volere di Allah che è fonte di ogni benedizione e misericordia. Gli stessi profeti non furono comandati di combattere direttamente Satana ma di respingerlo rifugiandosi in Allah poiché non vi è forza né potenza che in Lui, ed è Lui soltanto che può sconfiggerlo e proteggere i Suoi servi dai mali del reietto.
E’ importante recitare quotidianamente il nobile Corano, ognuno in base alle proprie possibilità. C’è per esempio chi recita un juz’ al giorno, chi due e chi tre. In alcune narrazioni si riporta che Ubayy Ibn Ka’b e Abdullah Ibn Mas’ud fossero soliti recitare l’intero Corano in una settimana, dunque dividendo il Corano in sette parti. La divisione del Corano in sette parti, o manzil, viene fatta risalire anche a Hamza Ibn Habib al-Zayyat, studente dell’imam Ja’far al-Sadiq, su di lui la pace.
Per meglio comprendere la Parola di Allah è raccomandato recitarla con tartil ossia con lettere chiare e ben scandite. Il tartil indica una modalità di recitazione ben precisa ma in alcune narrazioni risalenti ad Ali Ibn Abi Talib, su di lui la pace, indica una recitazione in cui venga compreso il significato di quel che si recita. Questo perché Allah parla al cuore del credente mentre questi recita la Sua parola con tartil e purità di intenti. E’ un linguaggio espresso in lingua araba eloquente ma che poi, quando trascende i limiti umani, si presenta sotto forma di un altro linguaggio, unico e che solo il cuore comprende.
Una volta oltrepassata questa soglia, il corpo reagisce piangendo, cosciente di essere in presenza di Allah ed udire le Sue parole. Piangerà di gioia nel recitare i versetti che parlano della beatitudine del paradiso e piangerà per timore nel recitare i versetti che parlano delle realtà infernali. Si prosternerà ogni volta che recita un versetto che richiede una sajdah, sia con prostrazioni mandatorie che meritorie, e chiederà spesso perdono ad Allah dopo aver recitato versetti inerenti al perdono e alla misericordia divina.
E’ bene recitare a voce alta, laddove possibile, in quanto essa risveglia il cuore di chi recita e riesce a meglio collegare la sua intenzione ai suoi pensieri. Essa inoltre combatte il sonno e diminuisce la pigrizia. Degno di nota è il fatto che, a differenza degli altri libri, il credente non si stanca mai di recitare la Parola di Allah: sono i limiti delle sue abilità fisiche, come la stanchezza, a fargli interrompere la recitazione ché altrimenti continuerebbe a oltranza in totale armonia con il creato che lo circonda e il Creatore che è sempre presente.
Per quanto concerne la meditazione sul Corano, il qari’ (colui che recita) dovrà focalizzarsi sulla grandezza del Mutakallim (colui che parla) cosciente del fatto che nonostante la grandezza del creato del Trono, della Sedia, dei cieli e della terra, dei jinn, degli uomini, degli animali, delle piante, eccetera, Allah è pur sempre il loro Creatore e Sostentatore, Egli è Onnipotente sovra ogni cosa, se concede favori è per Sua misericordia, se punisce lo fa con giustizia, e quindi la vera grandezza appartiene a Lui soltanto, al Mutakallim. Una volta stabilita la grandezza del Creatore, si affermerà di conseguenza la grandezza della Sua parola che non è umana ma divina, racchiusa in un Libro che non toccano se non i puri: “E non lo toccano se non i puri” (56:79).
La grandezza del Mutakallim e della Sua parola non sarà mai testimoniata se però non si è presenti con il cuore. La presenza del cuore (hudur al-qalb) consiste nell’abbandonare il proprio io e staccarsi da ogni altra cosa all’infuori di Lui durante la recitazione. Alcuni musulmani delle prime generazioni erano soliti ripetere la recitazione di una sura in cui non avevano riposto la presenza del cuore e dovuta attenzione verso il Mutakallim. La presenza del cuore è la chiave della contemplazione (tadabbur) la quale implica una concentrazione unica riposta sul messaggio del nobile Corano e l’assoluto distacco da ogni altra cosa. E’ attraverso la contemplazione che si riflette sui nomi e gli attributi di Allah per capirne i segreti, sui Suoi atti, come la creazione dei cieli e della terra attraverso la quale si comprende che ogni azione necessita di un agente e che la grandezza dell’azione determina la grandezza dell’agente, e sullo stato dei profeti, sullo stato dei rinnegatori, sui comandi e sulle proibizioni, sul paradiso e sull’inferno, eccetera.
Si prenda per esempio il versetto che dice “Non avete visto quello che eiaculate?” (56:58). Si osservi come una goccia di sperma diventa carne ed ossa da cui poi prendono forma testa, mani, gambe, fegato, cuore, eccetera; e poi giungono facoltà come udito, vista, intelletto… E poi si prendano in considerazione i tratti negativi dei questa creatura come la rabbia, la brama, l’arroganza, l’ignoranza, il rinnegamento di Allah, la polemica, eccetera, ognuno dei quali determina il suo destino. E si consideri lo stato dei profeti mentre predicavano il loro magistero e venivano rinnegati, ridicolizzati, perseguitati e uccisi, e infine Allah li ha sostenuti provando la Sua onnipotenza assoluta e manifestando il Suo volere… Ogni evento e versetto del nobile Corano è una porta che, se aperta, permette l’ingresso a universi infiniti laddove molte altre porte possono aprirsi.
Da quanto detto, si deduce che il nobile Corano non possa essere annoverato tra i libri comuni in quanto può essere compreso a fondo solo con il cuore, non con la mente. Se il cuore non è puro, non potrà comprenderne il vero significato: “Abbiamo rivelato il Corano come cura e misericordia per i credenti: e agli ingiusti non accresce altro che una perdita” (17:82). In questo versetto ci viene detto che chi non prende il Corano come cura e misericordia va incontro ad una perdita. In altre parole chi si avvicina al Corano con un cuore contaminato da impurità non solo non trae da esso alcun beneficio ma subisce un grave danno da un punto di vista spirituale. Il nobile Corano va letto con la speranza che Allah ci apra il cuore e ci trasmetta il corretto significato dei versetti: solo così potremo comprenderlo veramente.
I libri ordinari possono essere letti e riletti, si possono chiedere spiegazioni a riguardo a chi ne sa più di noi, ma infine dopo un periodo di serio studio è possibile capirli a fondo. Il nobile Corano invece, più lo si legge e più lo si capisce poiché la conoscenza di Allah non ha fine. Non è un caso che Allah disse al sommo Profeta: “Dì:- O Signor mio! Accrescimi conoscenza-” (20:114).
Durante la recitazione del nobile Corano è possibile percepire la presenza di Allah, è la Sua parola che viene letta, ed Egli parla a noi direttamente. Il Profeta è stato un mezzo per trasmetterci questa parola ma la rivelazione non venne fatta scendere solo per lui ma per l’intera umanità: “E ti abbiamo fatto scendere il Ricordo affinché tu spieghi alle genti cosa abbiamo fatto scendere loro…” (16:44). Anche noi siamo dunque i riceventi del messaggio profetico in quanto Allah lo ha fatto “scendere su di noi”. Quante volte Allah ci parla dicendoci “Ya ayyuhalladhina amanu…” (O voi che avete creduto…)”!
Se si è i riceventi, allora, non si deve dimostrare niente a nessuno, né tantomeno a noi stessi. Semmai, quando si recita, lo si fa per comprendere e correggere proprio noi stessi. Se invece si pongono dei limiti con dei dogmi e si cerca poi di interpretare il nobile Corano alla luce di questi dogmi, si rischierà di presentare un significato basato sul nostro pregiudizio cercandolo poi di giustificarlo con presunte “interpretazioni coraniche”. Sarebbe come volersi radicalizzare sul dogma che i profeti non siano soggetti a dimenticanze di nessun genere quando invece il nobile Corano chiaramente afferma: “E’ certo che già prima imponemmo un patto ad Adamo ma lo dimenticò” (20:115). E il profeta Musa, su di lui la pace, implorò Allah dicendo: “Non rimproverarmi per quel che ho dimenticato!” (18:73).
Esseri servi di Allah significa non opporGli resistenza alcuna ed abbandonarsi esclusivamente al Suo volere che altro non è che la Verità. Secondo gli insegnamenti dei profeti e dei sapienti la ricezione migliore dei significati divini avviene nel cuore della notte. Più precisamente il momento migliore per recitare il nobile Corano è durante la salat al-layl (Preghiera meritoria della notte). Il sommo Profeta trascorreva metà o almeno un terzo della notte retto in Preghiera a recitare la Parola di Allah: “Invero il tuo Signore sa che stai ritto per quasi due terzi della notte o metà, e così fa un gruppo di coloro che sono con te” (73:20). Egli piangeva nel cuore della notte supplicando Allah, senza il minimo tratto di arroganza, chiedendoGli di accrescere la sua conoscenza. Purtroppo oggigiorno sedicenti “guide religiose e spirituali” parlano di dover “reinterpretare il Libro” onde facilitarne gli insegnamenti e adattarli ai nostri tempi senza capire che Allah ha già rivelato tutto quello di cui l’uomo ha bisogno. Che Allah ci faciliti la comprensione del nobile Corano, ce lo faccia recitare come Egli ci ha comandato di farlo e ce lo faccia comprendere in tutta verità lungi dalle deviazioni e mistificazioni umane.
1 Sahih Bukhari, vol. 6, h. 545 ; Wasa’il al-Shi’a, vol. 2, p. 285.
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